26 gennaio, 2007

Memorandum sul pubblico impiego: ennesimo attacco al lavoro pubblico e alla contrattazione sindacale.

Il Governo e Cgil Cisl Uil hanno sottoscritto il 18/1/2007 un accordo su lavoro pubblico e riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, accordo che nel caso di Sanità ed Enti locali dovrà attendere l’approvazione del ddl Lanzillotta.
Noi crediamo che questo Memorandum getti una ipoteca negativa sulla contrattazione sindacale e stravolga l’impianto contrattuale: si tratta di una intesa che sposa la filosofia di chi propone la licenziabilità del dipendente pubblico presentato all’opinione pubblica come un irremovibile fannullone.
La Confindustria da anni chiede che la Pubblica Amministrazione e i servizi pubblici siano piegati agli interessi dell’impresa, invoca la esternalizzazione dei servizi e l’ingresso del mercato. Quello che è accaduto in questi anni è sotto gli occhi di tutti: le privatizzazioni non hanno diminuito la spesa pubblica (anzi è cresciuta) e nello stesso tempo la condizione retributiva e lavorativa degli esternalizzati è decisamente peggiorata creando sacche di sfruttamento e precarietà sempre più grandi.
Ad una prima lettura del Memorandum sembra sia ridimensionato il ruolo dei Dirigenti ma in realtà nasce una figura che è a metà tra il manager (con i soldi pubblici) e il tecnocrate che avrà una valutazione e un salario tanto maggiore quanto più raggiungerà alcuni obiettivi come il ridimensionamento delle dotazioni organiche, la intensificazione degli orari e dei carichi di lavoro, l’accorpamento di uffici (con perdita inevitabile di posti di lavoro).
Il Dirigente avrà quindi via libera nella definizione di una “migliore organizzazione della propria struttura” e in questa ottica si muoverà sempre meno nel rispetto dei diritti individuali e collettivi per favorire “gli obiettivi di gestione” (riduzione del costo del lavoro).
Come se non bastassero i Manager/tecnocrati, viene rafforzata la cosiddetta area Quadri intensificando le posizioni organizzative a discapito del restante personale della Pubblica Amministrazione che vedrà il proprio salario accessorio vincolato alla valutazione dei servizi.
Dietro il paravento della valutazione della qualità dei servizi (le c.d. pagelline) si vuole dimostrare l’improduttività di settori della P.A., per poi procedere all’accorpamento degli uffici con inevitabili riduzione degli organici.
Ed infatti, nell’ ottica della riorganizzazione della P.A. il personale pubblico, potrà essere costretto alla MOBILITA’. Dietro la promessa di qualche incentivo (c.d. esodi incentivati) chi non accetterà il trasferimento ad altri Enti o Ministeri dovrà accontentarsi di una buonuscita da prevedere e quantificare nei contratti collettivi.
Insomma la vergognosa campagna contro i dipendenti pubblici approda in un testo che mostra le reali intenzioni del governo e dei “sindacati amici del governo”: smantellare la pubblica amministrazione (altro che riorganizzazione e lotta alle esternalizzazioni!) e procedere gradualmente ad una riduzione del personale attraverso prepensionamenti e mobilità. E pensare che il numero dei dipendenti pubblici in Italia è inferiore alla gran parte dei paese Europei…
Ma questo Memorandum è negativo anche per i diritti sindacali e la contrattazione nazionale e decentrata, imbavaglia le Rsu togliendo loro materie fino ad oggi oggetto di trattativa, diminuendo il potere di contrattazione. In ambito nazionale verranno definite regole e criteri che saranno automaticamente recepite nei contratti nazionali e vincoleranno la stessa trattativa decentrata.
I lavoratori e le lavoratrici avranno sempre meno voce in capitolo e le decisioni che contano passeranno sulla loro testa. Flessibilità negli orari e nelle mansioni, mobilità, aumento dei carichi di lavoro avranno sempre più spazio nei prossimi contratti a discapito del recupero del potere di acquisto, dei riconoscimenti di mansioni superiori, e gli stessi aumenti salariali subiranno forti ridimensionamenti.
Il Memorandum parla di stabilizzazione del precariato ma ancora una volta si tratta di propaganda giocata sulla pelle dei precari: infatti l’unico dato certo della Finanziaria 2007 è che saranno stabilizzati solo 8.000 precari poiché mancano le risorse per la stabilizzazione di tutti i 350.000 precari pubblici.

Respingere questo memorandum è la base di partenza per rilanciare il ruolo pubblico e la dimensione sociale della Pubblica Amministrazione.

La propaganda giocata sulla pelle dei precari della P.A.

Il maxiemendamento alla finanziaria ha introdotto al comma 417 e seguenti un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale assunto con tipologie contrattuali atipiche.
In realtà tale comma, che dovrebbe costituire la risposta del governo alla legittima richiesta di assunzione di oltre 350.000 lavoratori pubblici, costituisce una norma a dir poco impalpabile: il fondo per la stabilizzazione, infatti, sarà da subito finanziato con 5 milioni di euro, ma verrà in seguito alimentato da presunti risparmi sugli interessi, conseguenti, alla riduzione del debito pubblico.
Somme, dunque, indefinibili e incerte, (eppure i dipendenti pubblici non possono essere retribuiti una tantum!) che senz’altro non porteranno alla soluzione del problema del precariato nella P.A.
Insomma nessuna assunzione a pioggia, come ha tenuto subito a precisare il Ministro della Funzione Pubblica Nicolais, ma la solita propaganda giocata sulla pelle dei precari!
Servivano stanziamenti e risorse economiche, arrivano invece pochi soldi e tanti vincoli: la finanziaria, infatti, parla espressamente di selezione per posti disponibili, a dimostrazione che non vi sarà nessun percorso serio e generale di stabilizzazione dei precari.
L’unica novità (sic!) è costituita dalla previsione, per i lavoratori assunti con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di una riserva del 60% dei posti nell’ambito delle amministrazioni che bandiranno, se mai verranno banditi, concorsi per l’assunzione a tempo determinato: in sintesi si passa da una forma di precariato, le co.co.co. , ad un’altra forma di precariato, il lavoro a tempo determinato, senza alcuna prospettiva di trasformazione in contratto a tempo indeterminato.
Allo stato attuale l’unica certezza è che le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).
A ciò si aggiunga che le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e purchè assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale, e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).
Negli enti locali, poi, è prevista in finanziaria una ulteriore riduzione della spesa per il personale rispetto a quella sostenuta nel 2004.
Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.
Se il Governo, intende realmente combattere il malfunzionamento della P.A., invece di insistere nella vergognosa campagna denigratoria contro i dipendenti statali, cominci a stabilizzare tutti i precari pubblici, considerato che questi lavoratori svolgono funzioni ordinarie e sistematiche all’interno degli enti!
Ma il governo Prodi, in continuità con le politiche del predecessore Berlusconi, ed ignorando il chiaro messaggio della manifestazione contro la precarietà del 4 novembre, continua nel processo di smantellamento della P.A, attaccando i diritti e la dignità dei dipendenti pubblici e riducendo i servizi che vengono resi alla collettività.

Via subito dall'Afghanistan

Il sondaggio di Ipr Marketing reso noto oggi cancella ogni dubbio: la maggioranza degli italiani/e vuole il ritiro delle truppe dall'Afghanistan, come ieri dall'Iraq; gli italiani/e non vogliono partecipare alle guerre che si fanno non contro il cosidetto "terrorismo", ma per accaparrarsi materie prime e ricchezze energetiche. I favorevoli al ritiro risultano il 56% mentre a voler restare è il 37%: uno scarto che toglie ogni incertezza. Tra gli elettori/trici dell'Unione lo scarto è di ben 30 punti (64 a 34). Perchè allora il governo intende sfidare, come pure consentendo l'allargamento della base Usa a Vicenza, il suo stesso elettorato? Non si tratta solo di sudditanza agli Stati Uniti: Prodi e D'Alema vogliono, grazie allo strumento militare, ingrandire il ruolo di "piccola potenza" dell'Italia, agevolando l’espansione di un capitalismo nazionale non in grado, con i soli strumenti economici, di battere la concorrenza. Dall’esaltazione dalemiana dell'esercito italiano “sesto del mondo come impegno all’estero” alla difesa del valore “unificante” della parata del 2 giugno, dal ritiro dall’Iraq concordato con gli Usa in cambio di un maggior impegno in Afghanistan all'intervento in Libano per potenziare gli interessi economici italiani nell’intero Medio Oriente, dall’ estensione delle basi Nato all’aumento delle spese militari nella Finanziaria, il governo Prodi ha accettato la logica della guerra permanente, cercando però di estendervi i proventi per il capitale italiano. E' dunque inaccettabile la passività con la quale la "sinistra radicale" parlamentare si sta preparando a cedere sia sul rinnovo della missione di guerra in Afghanistan, in cambio di fantomatiche "discontinuità" o "Conferenze di pace", sia sull'allargamento della base di Vicenza. Imponiamo al governo con la mobilitazione di tutto il movimento nowar - a Vicenza il 17 febbraio, e a Roma a marzo, durante la discussione parlamentare sul ri-finanziamento delle missioni - di ascoltare la volontà popolare, ritirando le truppe dall'Afghanistan e dagli altri luoghi di guerra e rifiutando la richiesta Usa per la base di Vicenza.

06 gennaio, 2007

Il maxiemendamento alla Finanziaria sulla precarietà

La novità rispetto alla prima stesura della finanziaria, consiste nella previsione, al comma 417 e seguenti del maxiemendamento, di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale assunto con tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.
In realtà tale comma, che dovrebbe costituire la risposta del governo alla legittima richiesta di assunzione di oltre 350.000 lavoratori pubblici costituisce una norma a dir poco impalpabile.
Il fondo per la stabilizzazione, infatti, sarà da subito finanziato con 5 milioni di euro, ma verrà in seguito alimentato con i conti dormienti, ovvero conti dimenticati dai titolari e dai loro eredi.
Si tratta, in sostanza, di risparmi sugli interessi, conseguenti, alla riduzione del debito pubblico: somme non definibili e non certe, (eppure i dipendenti pubblici non possono essere retribuiti una tantum) che senz’altro non porteranno alla soluzione del problema precariato nella P.A.
Insomma nessuna assunzione a pioggia, come ha tenuto subito a precisare Nicolais, il Ministro della funzione Pubblica, ma la solita propaganda giocata sulla pelle dei precari.
D’altronde che non vi sarà un percorso generalizzato volto all’assorbimento in ruolo di tutti i precari, si desume dal comma 418 del maxiemendamento, laddove si precisa che dovranno essere definiti i requisiti e le modalità di selezione dei soggetti interessati alla stabilizzazione: se il percorso di stabilizzazione riguardasse realmente tutti i precari della P.A, che necessità ci sarebbe di individuare modalità di selezione dei soggetti interessati?
Al di là della propaganda il maxiemendamento non introduce nessun percorso serio e generale di stabilizzazione.
L’unica novità (sic!) è costituita dalla previsione, per i lavoratori assunti con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di una riserva del 60% dei posti nell’ambito delle amministrazioni che bandiranno concorsi per l’assunzione a tempo determinato: in sintesi si passa da una forma di precariato (le co.co.co. ) ad un’altra forma di precariato (il lavoro a tempo determinato).
Allo stato attuale l’unica certezze è che le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).
A questo si aggiunga che nel p.i. le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e purchè assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale, e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie. (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).
Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.
Se questo governo voleva dare un segnale di inversione di tendenza avrebbe dovuto cominciare stabilizzando i precari della P.A. considerato che nelle amministrazioni è lo Stato che assume direttamente ed ha potere per procedere all’assorbimento in ruolo dei lavoratori atipici: d’altronde, la riuscitissima manifestazione del 4 novembre ha posto al centro dell’attenzione la necessità improrogabile di abolire tutte le forme di precariato in tutti i settori lavorativi.
Ma questo governo, in continuità con le politiche del predecessore Berlusconi, continua a considerare la P.A non come una risorsa sulla quale investire, ma come un costo da contrarre sulla pelle dei lavoratori e a scapito dei servizi che vengono resi alla collettività.