12 gennaio, 2008

Rinnovo contratti: quanto dovremo ancora attendere?

La trattativa tra Cgil, Cisl Uil e Governo per far fronte alla c.d. emergenza salariale, procede nel peggiore dei modi…I temi trattati sono a tutti noti (riforma della pubblica amministrazione, contratti, potere di acquisto dei salari) ma le soluzioni prospettate sono alquanto preoccupanti.
Allo stato attuale, dopo avere ventilato uno sciopero generale (ma con quali obiettivi, quale piattaforma e poi dove stanno le proposte dei delegati??), Cgil, Cisl e Uil sembrano oggi soddisfatte dell'avvio di un percorso concertativo che dovrebbe partire a marzo, mese previsto per la trimestrale di cassa e le verifiche contabili da parte del Governo.Si discute ancora una volta sulla pelle dei lavoratori senza il loro coinvolgimento reale, siamo tutti spettatori virtuali delle dichiarazioni televisive e delle sceneggiate di sindacalisti e ministri.
Si dice di volere legare gli aumenti salariali alla crescita della produttività ma ciò che non si dice è che, in questi anni, la riduzione del personale, l'aumento delle ore lavorate, la flessibilità contrattuale e oraria (sia nel Pubblico impiego che nel privato) hanno determinato una reale crescita della produttività a favore delle imprese senza che nulla sia tornato nelle tasche dei lavoratori.

La questione del reale aumento dei salari, attraverso risorse fresche in busta paga, è completamente assente da questa trattativa: CGIL, CISL e UIL, insistono sulla riduzione delle tasse da far ricadere sulla fiscalità generale.
E, dietro l'angolo abbiamo la richiesta già avanzata dall’ingordo Montezemolo di ulteriori sgravi fiscali a beneficio delle imprese (gli ennesimi dopo aver già ottenuto la riduzione del cuneo fiscale nella finanziaria 2006 e la defiscalizzazione degli straordinari con l’accordo sul welfare del 23 luglio). Affidare ogni intervento alla riduzione delle tasse significa non affrontare la questione salariale e lasciare fuori dalla trattativa oltre 1 milione e mezzo tra co.co.co e precari di vario genere che vedrebbero peggiorate ulteriormente le loro condizioni salariali, di lavoro e di vita.
Insomma, invece di intervenire per ripristinare un meccanismo automatico di recupero del potere di acquisto di pensioni e salari (insomma una nuova scala mobile per la quale abbiamo raccolto due anni fa migliaia di firme a sostegno di una proposta di legge) quale unico e solo strumento per salvaguardare le nostre retribuzioni dall’inflazione, si fa leva sulla fiscalità generale.
Eppure, negli ultimi 6 anni, un imprenditore in media, ha aumentato il proprio reddito annuale di circa 11 mila euro mentre impiegati ed operai hanno perso tra i 2 e 3 mila euro.
Basteranno una manciata di euro da ottenere con la riduzione delle tasse sul lavoro dipendente, per recuperare potere di acquisto? Noi crediamo di No, per questo la trattativa di Cgil, Cisl e Uil parte con il piede sbagliato
E che dire, poi di tutti i contratti scaduti nel settore pubblico e privato (circa 6 milioni di lavoratori) su cui CGIL, CISL e UIL, non spendono neanche una parola?
E’ più che mai necessario:

· Coinvolgere i lavoratori del settore pubblico nella costruzione di una piattaforma (vincolante) senza barattare il recupero del potere di acquisto con la riduzione delle spese sociali;
· Rinnovare i contratti nella pubblica amministrazione con aumenti in base alla inflazione reale e non programmata;
· Non penalizzare il contratto nazionale aumentando invece le materie oggetto di contrattazione sia sul piano nazionale che decentrato;
· Non regalare altri soldi alle imprese aumentando invece salari e pensioni perchè dalla loro crescita dipende la ripresa dei consumi;
· Non accettare una riforma della pubblica amministrazione il cui scopo sia solo tagli occupazionali e nuove privatizzazioni che hanno determinato aumento delle tariffe di acqua, gas e più in generale di tutte le tariffe locali.