20 dicembre, 2006

Accesso di cittadini stranieri al pubblico impiego

Nuova Ordinanza del Tribunale di Perugia
Riceviamo e pubblichiamo la segnalazione dell’Avv. Francesco Di Pietro (Perugia) e dell’Avv. Giorgio Pallucco (Spoleto).

In tema di discriminazione ed accesso al pubblico impiego, segnaliamo l’allegata ordinanza 6.12.2006 del Tribunale di Perugia, che, in accoglimento di ns. ricorso, ordina all’ASL di Perugia di inserire la ricorrente cittadina iraniana nelle graduatorie di due concorsi, per soli titoli, a dirigente anestesista.

Tale pronuncia ha le seguenti particolarità:

1) è successiva a Cass. 24170/2006, che esclude gli stranieri dal pubblico impiego (sul punto: Francesco Di Pietro, "Pubblico impiego solo per i cittadini Ue", in "D&G - Diritto e Giustizia", n. 44, 2006, p. 19);

2) è la prima riguardante concorsi per soli titoli. Qui il giudice ordina all’ente di inserire la ricorrente nelle graduatorie già formate, e quindi di "aggiornarle". Le precedenti pronunce riguardano concorsi per titoli ed esami, ed il giudice ordinava di permettere la partecipazione alle prove concorsuali. ( Melting Pot - 19.12.06)

Pubblico impiego: legittimo il rinnovo continuato di contratti a termine

E’ lecito l’utilizzo di più contratti a termine con lo stesso lavoratore nel rapporto di lavoro pubblico, in deroga alla previsione che dispone la trasformazione a tempo indeterminato. Questo è quanto ha dichiarato la Corte Europea di Giustizia, con sentenza del 7 settembre 2006, causa C-53/04 e C-180/04, in cui ha affermato la piena legittimità, rispetto all'ordinamento comunitario, del d.lgs n. 165/2001 nella parte in cui ammette alle pubbliche amministrazioni l'utilizzazione di più contratti a termine, con lo stesso lavoratore, senza che questi siano trasformati in rapporto a tempo indeterminato, così come avviene con la normativa del settore privato. Tuttavia, il rinnovo continuato da diritto ad un risarcimento del danno in favore del lavoratore interessato. La vicenda vede interessato un cuoco di un’azienda ospedaliera pubblica che dopo di due successivi contratti a tempo determinato (il primo per il periodo 5 luglio 2001 - 4 gennaio 2002 e il secondo, firmato il 2 gennaio 2002 fino all’11 luglio 2002) si presenta sul posto di lavoro al termine del secondo contratto e viene formalmente licenziato. L’interessato impugna la decisione di licenziamento dinanzi al Tribunale di Genova, chiedendo a quest’ultimo, da una parte, di dichiarare, sulla base del d.lgs. n. 368/2001, la sussistenza di un rapporto lavorativo a tempo indeterminato con l’azienda ospedaliera e, dall’altra, di condannare l’azienda stessa al pagamento delle retribuzioni dovute e al risarcimento del danno subito. L’azienda ospedaliera resiste opponendo l’inapplicabilità dell’art. 5 del d.lgs. n. 368/2001, in virtù dell’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 che vieta alle pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di lavoro a tempo indeterminato. Il giudice, pur ritenendo che l’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, ha la natura di una lex specialis risultante dai principi costituzionali in materia di funzionamento e di organizzazione dei pubblici servizi, decide di sospendere il giudizio e di sottoporre la questione alla Corte. Orbene, com’è noto, il lavoro a termine è disciplinato dal d.lgs 6 settembre 2001, n. 368, che prevede la legittima instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato tutte le volte in cui ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Nel novero della fattispecie dei rapporti a termine devono rientrare tutti i contratti reiterati, indipendentemente dal periodo di stacco. Invero, la Corte di Giustizia è intervenuta in merito con la sentenza del 04/07/2006, considerando non conforme alle finalità della normativa europea la normativa nazionale che intenda per rapporti a tempo determinato solo i contratti o rapporti di lavoro separati gli uni dagli altri da un lasso temporale pari o non superiore a 20 giorni lavorativi, in quanto tale previsione consentirebbe l’assunzione di lavoratori in modo precario per anni, consentendo un eventuale utilizzo abusivo di tali rapporti da parte dei datori di lavoro. La violazione di precise disposizioni imperative, sfocianti in ipotesi patologiche del contratto a termine, comporta, quale effetto sanzionatorio la trasformazione del rapporto di lavoro da determinato ad indeterminato. Effetto che è precluso dal d.lgs n. 165 nel settore pubblico, in cui per il differente trattamento è stata chiamata in causa anche la Corte Costituzionale che con la sentenza n. 89 del 2003, ha respinto la richiesta di incostituzionalità dell’articolo 36 del decreto legislativo citato. Il rigetto si è fondato sulla necessità di salvaguardare il principio del concorso nell’accesso al pubblico impiego, la cui deroga è legittima solo quando è posta a miglior tutela dell’interesse pubblico, nei limiti della non manifesta irragionevolezza, ed è attuata mediante l’individuazione per legge di casi eccezionali. Nel settore privato, invece, la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato è prevista dall'articolo 5 del d.lgs 368/2001 e scatta con efficacia retroattiva in modo automatico dalla data di stipula del primo contratto, quando due assunzioni si siano succedute senza soluzione di continuità, ovvero dalla data di assunzione di un secondo contratto a tempo determinato, se la riassunzione sia intervenuta in un periodo di dieci o venti giorni dalla data di scadenza del contratto (quando è rispettivamente di durata inferiore o maggiore di sei mesi) ovvero ancora dal ventunesimo o dal trentunesimo giorno successivo alla scadenza contrattuale, nel caso di prosecuzione indennizzata del rapporto. Nel settore del pubblico impiego, diversamente, si nega l'applicazione della conversione del rapporto, non tanto per la presenza di elementi di incompatibilità intrinseci all'istituto, bensì in ragione della sussistenza di specifiche norme di settore che escludono esplicitamente detta trasformazione. Al riguardo, la Corte Europea di Giustizia - che nella sentenza 4.7.2006 aveva già affermato la difformità al diritto comunitario di una legislazione nazionale che vieti in maniera assoluta, solo nel settore pubblico, la trasformazione di una successione di contratti, che hanno lo scopo di soddisfare fabbisogni permanenti e durevoli del datore di lavoro, a tempo determinato in un contratto di lavoro a tempo indeterminato - ha precisato che una normativa nazionale che preveda norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato deve poter prevedere delle misure che presentino garanzie effettive di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario. Tanto premesso, – concludono i giudici della Corte – l’attuale normativa nazionale italiana, che nel settore pubblico, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, esclude che questi ultimi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, diversamente da come avviene nel settore privato, in linea di principio, non osta, con il diritto comunitario, se tale normativa contenga un’altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico. Sanzione che nel vigente ordinamento italiano trova applicazione con il diritto ad un risarcimento del danno in favore del lavoratore interessato. (LaPrevidenza.it, 24/11/2006)

Corte di Giustizia UE , sez. II, sentenza 07.09.2006 n° C-180/04 - Gesuele Bellini

Nascerà l' Authority sul pubblico impiego ?

La proposta, elaborata da un gruppo di lavoro coordinato dal giuslavorista Pietro Ichino, è già stata presentata al presidente Prodi e ai segretari delle confederazioni sindacali. Nei prossimi giorni - sotto forma di disegno di legge, sarà depositata anche al Senato e alla Camera.
Questa volta Pietro Ichino, giuslavorista ed ex dirigente sindacale della Cgil, ha deciso di fare le cose in grande.
Stanco di "predicare" dalle colonne del Corriere della Sera, dove da molti mesi sta conducendo una sua battaglia contro i "fannulloni di Stato", la sicurezza del "posto fissso" (che tutela chi il lavoro ce l’ha ma non aiuta chi lo cerca) e l’inefficienza della Pubblica Amministrazione, Ichino ha collaborato attivamente alla stesura del testo di un disegno di legge che istituisce una vera e propria "Authority sull’impiego pubblico".
Nei giorni scorsi il progetto di legge-delega è stato presentato al Presidente del Consiglio, Romano Prodi, al Ministro per la Funzione Pubblica, Luigi Nicolais e ai Segretari generali delle confederazioni sindacali maggiori, in vista della stipulazione del pre-accordo sul rinnovo dei contratti collettivi del settore pubblico, prevista per il 21 dicembre. Lo stesso progetto verrà presentato formalmente nei giorni prossimi alla Camera dei Deputati (primo firmatario Lanfranco Turci della Rosa nel Pugno) e al Senato da Antonio Polito (Margherita).
Oltre a prevedere l’istituzione della "Autorità per la valutazione delle strutture e del personale pubblico" il disegno di legge attribuisce al Governo tre deleghe legislative rispettivamente sulla valutazione del rendimento, sulla responsabilità dei dipendenti pubblici e sulle retribuzioni degli stessi.
L’Authority - si legge nel disegno di legge - svolgerà funzioni di valutazione per tutte le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, decreto legislativo n. 165 del 2001 e quindi anche per istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
La "blanda" valutazione dell'Invalsi verrebbe così sostituita da un meccanismo assai più rigoroso e stringente.
La proposta di legge mira infatti a creare un sistema di controlli e di valutazioni i cui esiti dovranno essere resi pubblici e messi a confronto a confronto con le osservazioni delle associazioni degli utenti, dei ricercatori universitari e altri osservatori qualificati, dei giornalisti specializzati, dei sindacati. Non solo, ma i dati raccolti dovranno anche essere messi in rete.
L’Authority dovrà costituire anche il punto di riferimento per la raccolta e l’elaborazione di tutte le segnalazioni e informazioni provenienti dalla società civile circa le patologie nel funzionamento delle amministrazioni statali o funzionanti con finanziamenti statali.
In alcuni casi potrebbero essere poste a carico dei dirigenti pubblici precise responsabilità disciplinari e contabili; l’Authority, infatti, potrà intervenire per evidenziare i casi di sovradimensionamento degli organici, o di inefficienza e/o improduttività nelle amministrazioni sottoposte al suo controllo.
"In questi casi - sostengono i promotori della legge - deve avere effettiva applicazione l’articolo 21 del Testo Unico del 2001, che prevede il licenziamento del dirigente per responsabilità oggettiva; quanto ai dipendenti di queste strutture, per essi dovrebbe stabilirsi la trasferibilità d’ufficio entro limiti geografici e professionali ragionevoli e l’inibizione degli aumenti retributivi fino al trasferimento". (La Tecnica della Scuola - 17.12.06)

Fassino:inevitabile alzare età pensioni.No aut aut su precari PA

Il segretario dei Ds Piero Fassino ha detto in un'intervista pubblicata oggi al Sole 24 Ore di ritenere inevitabile l'innalzamento dell'età pensionabile e che la pregiudiziale posta dai sindacati dell'assunzione dei 350.000 precari in cambio del sì alla riforma del pubblico impiego non è accettabile.

"Credo sia inevitabile", risponde Fassino, nell'intervista pubblicata dal Sole oggi in edicola, alla domanda se sia favorevole all'innalzamento dell'età pensionabile.

Di fronte alla contrarietà sul tema espressa dai sindacati, il segretario dei Ds dice di sapere bene che "alcuni temi sono difficili per i sindacati. Ma proprio per questo bisogna discuterne. Esiste un memorandum che ha anche indicato la traccia e addirittura la data entro la quale chiudere il negoziato: sono certo che se Cgil, Cisl e Uil lo hanno firmato, lo hanno fatto perché vogliono affrontare i problemi e arrivare a un'intesa".

"Vorrei che si parlassse di questo tema che interessa tanta gente - prosegue Fassino - uscendo da toni, come dire, punitivi. L'innalzamento dell'età pensionabile va affrontato, ad esempio, partendo dai cosiddetti lavori usuranti cui sia riconosciuta un'età più bassa".

"Poi, mi chiedo, perché non allargare il tema anche a forme di lavoro per chi sia in pensione ma ritenga di poter svolgere ancora proficuamente un'attività per la società".

Per quel che riguarda la attesa riforma del pubblico impiego, che il segretario dei Ds definisce "la più importante riforma per il Paese", e la condizione posta dai sindacati dell'assunzione dei 350.000 precari per dar via alla riforma, Fassino risponde al Sole che: "Se la stabilizzazione dei 350.000 è una pregiudiziale, non è evidentemente accettabile".

"La loro eventuale stabilizzazione va discussa all'interno di una radicale riorganizzazione del pubblico impiego".

Fassino individua poi i punti fondamentali su cui dovrà essere articolata la riforma della Pubblica Amministrazione. "Primo: bisogna continuare nelle semplificazioni... Più silenzio assenso, più autocertificazione. Meno passaggi per le autorizzazioni... ", dichiara al Sole 24 Ore.

"Secondo: l'organizzazione orizzontale del lavoro. Non più la verticalità dei singoli ministeri, staccati fra loro... Ma lavoro orizzontale tra ministeri, tra gruppi e per singoli progetti... E' evidente che per usare il personale con il modello orizzontale serve più mobilità, flessibilità nelle condizioni di lavoro".

"Certo serve anche una diversa articolazione contrattuale", conclude Fassino alla domanda se non sia necessaria anche più flessibilità nelle condizioni di remunerazione nei contratti pubblici. (Reuters - 17.12.06)

14 dicembre, 2006

Giù le mani dal TFR!

Ci risiamo: la TRAPPOLA del “SILENZIO/ASSENSO”, per indirizzare automaticamente il TFR nei Fondi Integrativi privati, scatta dal 1° gennaio 2007. Al 30 giugno 2007 i lavoratori, che non abbiano fatto espressa dichiarazione scritta, vedranno dirottato il proprio TFR nei Fondi pensione.La Finanziaria di Prodi ha anticipato ciò che il governo Berlusconi aveva fissato al 2008. Con una sorpresa: il TFR, che il lavoratore delle aziende private con più di 50 dipendenti dichiarerà di non voler destinare ai Fondi e quindi rimasto in azienda, comunque verrà dirottato all’INPS, non per rafforzare la previdenza pubblica, ma per finanziare le grandi opere (come Tav, Mose,..) ampiamente rifiutate dalle popolazioni.I lavoratori dipendenti, con salari sempre più vicini alla soglia di povertà, sono, con un gioco di prestigio, trasformati in investitori, finanziatori dello stato! E’ una beffa; ai lavoratori tocca il prelievo forzato dei propri soldi e alle imprese spetta una compensazione: alcune centinaia di milioni di euro inseriti in Finanziaria, stanziamenti che però, quando si tratta dei rinnovi contrattuali, non si trovano mai!Cgil-Cisl-Uil vorrebbero convincerci ad aderire ai Fondi privati, perché, dopo la “riforma” previdenziale di Dini del ’95, con l’introduzione del calcolo contributivo, le pensioni future corrisponderanno al 50% dei salari odierni. “Dimenticano” che la “riforma” Dini fu da loro appoggiata (e fatta passare con un referendum farsa) perché affermavano che salvava i conti dell’INPS e le pensioni pubbliche; ma ancora oggi non si applica la separazione tra previdenza ed assistenza nel bilancio dell’INPS, che invece, per le spese previdenziali, è in attivo. Il TFR è salario differito dei lavoratori, ma per lor signori è pura massa monetaria da investire sul mercato per regalare lauti profitti a Fondi aperti e chiusi, assicurazioni, banche, finanziarie.Negli ultimi anni centrodestra e centrosinistra hanno elevato la tassazione (ora al 23%) sul TFR, diminuendo quella sui Fondi, per rendere questi più appetibili per i lavoratori.

I Fondi non sono altro che investimenti speculativi sul mercato finanziario: oggi possono andar bene e domani fare fallimento; inseguire le incerte chimere dei fondi significa abbandonare la certezza del nostro TFR ed entrare in competizione con altri lavoratori. Enormi fallimenti dei fondi pensione sono notizia scontata: l’United Airlines ha lasciato un “buco” di miliardi di dollari con migliaia di dipendenti truffati e risarciti solo al 50% dallo Stato, cioè dalla collettività; né si dimentica il fallimento di Enron, Bethlehem Steel, Us Airways, Alaska Carpenter Fund (aveva investito in Parmalat!) e, in Italia, della Comit.Il vanto di Cgil-Cisl-Uil è che ultimamente alcuni Fondi hanno reso più del Tfr. Ma è uno specchietto per i merli; si tratta dei Fondi con investimenti a rischio, gli altri rendono poco. E, poiché la media si fa nell'arco degli anni, il gioco di mercato non ci dà alcuna garanzia. Altro specchietto per i merli sarebbe il “regalo” del padronato di quel 2% per i Fondi. Peccato che se lo riprenda come quota-costo nel CCNL, sottraendolo dai nostri aumenti.

L’ERGASTOLO DEI FONDI PENSIONE
Ma ancora più grave è che, con una semplice circolare, la COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), ha deciso che tutti i Fondi uniformino i loro statuti, rendendo irrevocabile, per il lavoratore che dall’1/1/2007 vi aderirà, il conferimento del proprio TFR ai Fondi pensione.
Quindi, chi, dall’1/1/2007, verserà il proprio TFR ai Fondi pensione, non potrà più uscirne, potrà esclusivamente (dopo due anni) cambiare Fondo. In caso di licenziamento il lavoratore recupererà la totalità del TFR versato al Fondo solo dopo 4 anni. L’adesione ai fondi si trasforma in un vero e proprio ergastolo.
Cgil-Cisl-Uil sono entusiaste; passa, nella Finanziaria, l'affare del secolo: 19/21 miliardi di euro annui da amministrare di concerto con i padroni nei Consigli di Gestione dei Fondi.I Fondi non hanno nulla del carattere solidaristico ed universalistico della pensione pubblica, sono rendite. Per le donne, che hanno una aspettativa di vita mediamente più lunga, se supereranno una certa soglia di età, la “pensione” integrativa automaticamente diminuirà. Se nel Cile fascista di Pinochet nel 1980 bastarono due decreti per cancellare la previdenza pubblica e rendere obbligatori i fondi pensione (…ma non per i dipendenti delle FF.AA. e dei corpi di polizia), nell’Italia del centrosinistra 2007, con il meccanismo-truffa del silenzio/assenso e l’ergastolo dell’irrevocabilità delle adesioni ai Fondi, si cerca di ottenere lo stesso risultato per movimentare l’asfittico mercato finanziario per la gioia di speculatori d’ogni risma. Né è casuale che da gennaio 2007, mentre partirà la campagna finanziata dal governo con soldi pubblici (17 milioni di euro stanziati in Finanziaria), oltre che dalle aziende e da Cgil-Cisl-Uil-Ugl, per il conferimento senza ritorno del TFR ai Fondi privati, si aprirà all’unisono la trattativa a perdere sulla previdenza pubblica che verterà (vedi il memorandum siglato da Cgil-Ciisl-Uil con Confindustria e governo) sulle due questioni centrali dell’adeguamento del coefficiente di trasformazione per le pensioni a sistema contributivo, il che comporterà una loro secca diminuzione, e dell’innalzamento dell’età pensionabile. Intanto in Finanziaria vengono aumentati dello 0,30% i contributi previdenziali a carico di noi lavoratori dipendenti. Promuovere la previdenza privata, scippando il TFR ai lavoratori, significa sottrarre risorse rilevanti alla previdenza pubblica. Cgill-Cisl-Uil, grandi sponsorizzatrici dei Fondi, saranno in un flagrante conflitto d’interessi quando andranno a trattare la futura “riforma” delle pensioni.

E Montezemolo & c., che nel 2005 hanno lucrato 41 miliardi di euro di profitti e ingrassano sulla precarietà dilagante, stanno per aprire un’altra trattativa con governo e Cgil-Cisl-Uil su un cosiddetto patto di produttività che, in cambio di qualche elemosina di ammortizzatori sociali, mira a raggiungere per i padroni la definitiva mano libera nella gestione e prolungamento degli orari di lavoro e il ridimensionamento del ruolo del CCNL..
Quanto accade oggi sul TFR è inaccettabile per i lavoratori. E’ una inaudita sottrazione del diritto a decidere sul proprio salario, con la collusione di governo, Confindustria, Cgil-Cisl-Uil-Ugl e centrodestra.
Urge che noi lavoratori e lavoratrici organizziamo subito, azienda per azienda e nel territorio, la DIFESA del NOSTRO TFR e il BOICOTTAGGIO dei FONDI PENSIONE PRIVATI. E’ un obiettivo fondamentale per difendere il nostro salario e la previdenza pubblica.

NON CONSEGNIAMO IL NOSTRO TFR
NELLE MANI DELLA SPECULAZIONE FINANZIARIA !


CONFEDERAZIONE COBAS Viale Manzoni 55 - 00185 Roma . Tel 0677591926 0670452452 - fax 0677206060 sito www.cobas.it - email cobas@cobas.it

12 dicembre, 2006

ELEZIONI-TRUFFA RSU DELLA SCUOLA:IN 1500 ISTITUTI I COBAS PRIMO SINDACATO CON IL 26%

Si sono svolte le elezioni-truffa delle RSU nella scuola. Perché “truffa”? Perché tali elezioni, oltre ad eleggere i rappresentanti sindacali nel singolo istituto, servono a decidere chi sono i sindacati “rappresentativi” nazionalmente, considerandoli tali se raggiungono il 5% come media tra la percentuale di voti ottenuta in tutte le RSU e quella degli iscritti/e. Il meccanismo di misurazione è aberrante: si valuta la rappresentanza nazionale per assegnare i diritti (compreso quello di assemblea) non, come sarebbe ovvio, su liste nazionali, con una scheda specifica e un’altra per la RSU, ma sommando i risultati delle liste di scuola.
Così, i lavoratori/trici di un istituto non possono votare il sindacato preferito se esso non ha un candidato/a alla RSU di quella scuola. E’ come non poter votare, in un condominio, per un partito alle “politiche” se almeno un inquilino non è tra i candidati di tale partito alle “circoscrizionali”.Per aggravare la truffa, ai COBAS (e ai “non rappresentativi”) non è stato permesso neanche di fare le assemblee nelle scuole per cercare i candidati/e: come se ad un partito, ancora non rappresentato in Parlamento, si vietasse di fare campagna elettorale. Dopodiché, i sindacati governativi hanno tempestato di circolari e ammonimenti quei pochi capi di istituto che intendevano concederci le assemblee, costringendoli a revocarle. Rispetto a tre anni fa, la repressione è stata totale e ci ha tolto ogni spazio elettorale. Va poi detto che i precari (un quinto della categoria) non hanno pieni diritti elettorali: un terzo di loro non può neanche votare e gli altri/e non possono candidarsi. E come ciliegina al cianuro su una torta avvelenata, la gestione della “macchina” elettorale è stata, nella grande maggioranza delle scuole, nelle mani dei sindacati di governo, che hanno spadroneggiato.
Abbiamo partecipato alle elezioni, seppure con la bocca tappata e ad armi del tutto impari, per contrastare questa sfacciata “dittatura” sindacale, e siamo riusciti a presentare liste COBAS in 1500 scuole. Per quel che ci riguarda, l’unico dato attendibile è il risultato in tali scuole, distribuite in tutte le regioni e in istituti di ogni ordine e grado. Solo in tali 1500 scuole chi voleva votare COBAS per assegnarci la rappresentatività nazionale ha potuto farlo. Ebbene, dai dati emersi finora, in queste scuole siamo passati dal 20% delle precedenti elezioni al 26% e siamo il primo sindacato, alla pari con la Cgil.
Invitiamo i partiti di governo a prendere atto del risultato e a intervenire urgentemente per ripristinare la democrazia sindacale nella scuola e negli altri posti di lavoro, ponendo fine al monopolio Cgil-Cisl-Uil imposto per legge (come sindacati di Stato “sovietici”), e facendo svolgere in tempi brevi elezioni su liste nazionali per vedere chi è rappresentativo. E con altrettanta urgenza il governo deve imporre al ministro Fioroni di restituire ai COBAS e a tutti i lavoratori/trici il diritto di assemblea, scippato dai sindacati di governo.

ELEZIONI SU LISTA NAZIONALE PER ASSEGNARE LA RAPPRESENTATIVITA’ NELLA SCUOLA
RESTITUZIONE DEL DIRITTO DI ASSEMBLEA AI COBAS E A TUTTI I LAVORATORI/TRICI