15 dicembre, 2007

Assenteismo e morti sul lavoro

“Statali assenteisti e pure fannulloni” Repubblica 5 dicembre. “L’assenteismo è l’altra faccia della mancanza della cultura del merito…” Cordero di Montezemolo.
Da tempo si è aperta la caccia allo statale fannullone e non manca giorno che televisione, giornali e radio non ci tengano informati sulla questione. La campagna contro gli statali fannulloni è alimentata dalla politica e dai nostri amministratori, perché consente di dare una veste di legittimità e di efficienza a scelte che rispondono ad un’altra logica: la riduzione delle spese coincide con la riduzione del personale e degli standard minimi di sicurezza; l’efficienza con le esternalizzazioni; il lavoro precario sottopagato al posto di quello stabile o di quello di chi è andato in pensione. Sarebbe interessante fare alcune domande ai protagonisti di questa campagna, a cui evidentemente sta molto a cuore l’efficienza, il merito e l’interesse dei cittadini. A Cordero di Montezemolo (che straparla contro i dipendenti pubblici, senza minimamente conoscere come si svolge il lavoro nelle amministrazioni pubbliche), sarebbe interessante chiedere quale sia la cultura del merito nel sistema impresa che rappresenta, se cioè i disastri Parmalat, Cirio, Telecom ed altri, unitamente al sistema bancario che le sorregge, siano episodi isolati. E sarebbe interessante chiedergli un’analisi sulle ragioni di quanto è accaduto alla ThyssenKrupp di Torino, per comprendere se considera l’accaduto una “fatalità” o il frutto avvelenato di un sistema che sacrifica tutto (la salute e la vita) in nome del profitto e della produzione… Agli amministratori locali sarebbe interessante chiedere quale sia la loro cultura del merito quando devono scegliere i dirigenti, gli amministratori di società appositamente create per trovare collocazione al personale politico, o per stabilire i compensi delle consulenze… Ma le ragioni vere di questa ossessiva campagna contro il pubblico impiego le ha chiarite un rappresentante di Confindustria, (in una recente intervista a “Primo piano”), quando ha detto che il costo del lavoro per le imprese è troppo alto (!), e che la sua riduzione sarebbe possibile “utilizzando il bacino del pubblico impiego come una risorsa”, nel senso di procedere ad una suo “svuotamento”, cioè a una drastica riduzione delle risorse destinate ad esso e allo Stato sociale. Ovviamente a favore delle imprese. Quindi: finanziamenti per i servizi pubblici no, per profitti privati, si! Ecco la ragione della campagna strumentale contro gli statali fannulloni. Non consente repliche (perché chi argomenta diversamente difende i fannulloni!!), incontra gli umori popolari che hanno sempre bisogno di spiegare i propri mali con ricette semplici, e poi non fa puntare il dito sul vero operato di imprenditori, dirigenti o di politici che applicano agli altri la logica del “meno siamo più produciamo”, e a se stessi quella di moltiplicare posti e retribuzioni. E privilegi…

02 dicembre, 2007

Emergenza salariale

EMERGENZA SALARIALE NEL PUBBLICO IMPIEGO

Ormai lo dicono tutti: i salari in Italia sono troppo bassi. Lo dice la Banca d'Italia e la Confindustria, lo dice l’IRES (Centro Ricerche Economiche Sociali della Cgil) che, scoprendo l’acqua calda, denuncia che tra il 2002 e il 2006 ogni retribuzione in Italia ha perso potere d’acquisto per circa 2 mila euro. Ma soprattutto questa situazione la vivono sulla propria pelle tutti quei dipendenti pubblici che non arrivano alla quarta settimana del mese...Una crisi salariale ulteriormente acuita dal cronico ritardo con cui vengono rinnovati i contratti pubblici: del settore pubblico è stato sottoscritto solo il contratto dei ministeriali, mentre agenzie fiscali, enti locali e parastato attendono ancora la sottoscrizione dei contratti scaduti oramai da 23 mesi!. E l’intesa di maggio sottoscritta da Governo e CGIL, CISL e UIL, cui i rinnovi contrattuali di comparto faranno riferimento, prevede aumenti pari a circa 60 euro netti (sic!), liquida 13 mesi di arretrati (tutto il 2006 e il mese di gennaio 2007) con 11 euro al mese di indennità di vacanza contrattuale, e, dulcis in fundo, prevede la triennalizzazione dei rinnovi contrattuali.
Ma l’elemento più sconcertante è che l’emergenza salariale diviene il pretesto da parte della Confindustria per rilanciare la solita ricetta, incontrando subito la disponibilità di CGIL, CISL e UIL: svuotamento del contratto collettivo nazionale e potenziamento del secondo livello di contrattazione (ovvero ancora meno soldi al salario contrattato nazionalmente a vantaggio della produttività). Insomma l’emergenza salariale per Confindustria e per CGIl, CISL e UIL, non si risolve agganciando la retribuzione al costo reale della vita, ma impoverendo ulteriormente i rinnovi contrattuali nazionali!!! Ma come stanno realmente le cose? Se oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti (pubblici e privati) non arriva a fine mese questo avviene non certamente a causa del contratto nazionale, ma, al contrario, perchè gli accordi sindacali del 1992-1993 (la c.d. concertazione) hanno cancellato la scala mobile, cioè l’adeguamento automatico dei salari al costo reale della vita, ingabbiando i rinnovi contrattuali al meccanismo truffaldino dell’inflazione programmata che è meno della metà dell’inflazione reale.
Se realmente tutti questi signori (Confindustria, Banca d’Italia e CGIL, CISL e UIL) hanno a cuore (ma quando mai?) la sorte economica dei lavoratori, c’è solo una strada da percorrere: riconoscere il fallimento della concertazione e reintrodurre un meccanismo che riallinei i salari al costo della vita. E tutto ciò mentre si riempiono le tasche dei dirigenti, e l’attuale governo discute se porre o meno il limite di 274.000 euro annui (ovvero 20.000 euro mensili!) come tetto alle retribuzioni dei dirigenti. E’ giunto il momento di risollevare la testa proprio a partire dai rinnovi contrattuali nel settore pubblico riaprendo la partita per i rinnovi dei contratti nazionali che si pongano l’obiettivo di andare oltre gli accordi siglati da CGIL, CISL e UIL.La strada da percorrere è il rifiuto dei contratti al ribasso propostici dai sindacati di governo e nello stesso tempo costruire in ogni ente/ufficio/amministrazione delle piattaforme rivendicative e contrattuali alternative con gli obiettivi della difesa del contratto nazionale, della salvaguardia del potere di acquisto dei salari e l’allargamento del potere contrattuale.
Contro salari di fame e precarietà, rompiamo la gabbia della concertazione!

24 novembre, 2007

Comunicato stampa - Risultati delle elezioni RSU 2007 nel Pubblico Impiego

Comunicato stampa

Risultati delle elezioni RSU 2007 nel Pubblico Impiego:

CRESCITA di liste, voti e delegati RSU Cobas;

CONSISTENTE diffusione dei consensi nel comparto Enti Locali.



Stanno affluendo in queste ore i primi risultati delle elezioni RSU del Pubblico Impiego. Sta cominciando la solita bagarre dei dati, con roboanti veline di stampa da parte dei sindacati confederali. Come Cobas Pubblico Impiego registriamo una sostanziale tenuta e crescita nei comparti dei Ministeri, delle Agenzie Fiscali e dell’Università con allargamenti positivi in diversi uffici e territori, e con il significativo risultato di essere “entrati” in alcuni importanti posti di lavoro. Ma la grande crescita vi è negli Enti Locali dove verifichiamo un aumento, in termini di voti e delegati, un po’ dovunque, specialmente nei comuni di Firenze, Salerno, comune e provincia di Pisa, provincia di Livorno, Genova, Taranto, Senigallia, Perugia. Straordinario il risultato alla Regione Toscana e nel comune di Palermo con centinaia di voti e nuovi delegati Cobas. E questo avanzamento si propaga a macchia d’olio anche in diversi piccoli comuni di provincia e in Sicilia. Risultato, nel complesso, più che positivo, considerato che anche questa competizione elettorale si è svolta privando i Cobas dei diritti sindacali minimi (diritto di assemblea, distacchi sindacali, una agibilità che permetta ai singoli delegati di intervenire in ogni luogo di lavoro e aprire vertenze), dato che in Italia non vi è una legge sulla rappresentanza sindacale che permetta di verificare questa rappresentanza con una lista nazionale. In questo caso i voti ai Cobas sarebbero stati molto più numerosi con un peso diverso a livello di contrattazione territoriale. In queste elezioni RSU, inoltre, è stato impedito il voto ai precari (eccezion fatta per gli stabilizzandi) perchè Cgil, Cisl, Uil hanno sottoscritto una intesa con l’Aran nel luglio 2007 che li escludeva. La divisione tra votanti attivi e passivi per i comandati (i lavoratori per esempio di un comune distaccati presso le ASL) ha negato il diritto di voto a migliaia di lavoratori e lavoratrici. La “dote” di queste elezioni la metteremo comunque in campo, per alzare il tono della controinformazione e delle vertenze che si stanno sviluppando nelle categorie e nel paese contro le esternalizzazioni, le privatizzazioni e la precarietà, per il rinnovo dei contratti pubblici con aumenti salariali che recuperino il costo della vita, per i diritti sindacali e per il diritto di assemblea e per rilanciare la battaglia contro il massacro della previdenza pubblica, lo scippo del TFR e contro il carovita.



29 ottobre, 2007

NON TUTTI GLI SCIOPERI SONO UGUALI

Prima Cgil, Cisl e Uil si accordano per abolire la scala mobile… e poi ci chiamano a scioperare per i salari!
Prima si accordano per rendere triennale la contrattazione... poi ci chiamano a scioperare per i contratti!
Prima acconsentono alle leggi (pacchetto Treu e Biagi) sul lavoro interinale e atipico e al rinnovo infinito dei contratti a termine.... poi ci chiamano a scioperare contro il precariato!!!

SCIOPERIAMO CONTRO TUTTI QUESTI ACCORDI TRUFFA
9 NOVEMBRE 2007
SCIOPERO GENERALE
CON MANIFESTAZIONI REGIONALI E PROVINCIALI


SCIOPERIAMO PER
· Il rinnovo dei contratti scaduti da 22 mesi, con aumenti adeguati al costo reale della vita e mantenendo la biennalità;
· Pensioni pubbliche e dignitose;
· L’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari pubblici;
· Aumento degli organici ed investimenti nella Pubblica Amministrazione contro ogni privatizzazione ed esternalizzazione di servizi e personale;
· l’allargamento dei diritti sindacali minimi, diritto di assemblea per i lavoratori e per tutte le organizzazioni.

14 ottobre, 2007

NO ALL’ACCORDO DEL 23 LUGLIO!

NO ALL’ACCORDO DEL 23 LUGLIO! Diminuiscono le pensioni Aumentano l’età pensionabile e la precarietà Andiamo a valutare nel merito i termini dell’accordo. L’età pensionabile per anzianità L’accordo sostituisce al famigerato scalone di Maroni (che sarebbe entrato in vigore l’1/1/2008) una serie di scalini. Rispetto alle attuali regole per il pensionamento di anzianità (57 anni di età e 35 di contributi), a partire dal 2008 l’età pensionabile sarà così aumentata: dall’1/1/2008 58 anni di età e 35 di contributi; dall’1/7/2009 59 anni di età e 36 di contributi (o 60 di età e 35 di contributi); dall’1/1/2011 60 anni di età e 36 di contributi (o 61 di età e 35 di contributi); dall’1/1/2013 61 anni con 36 di contributi (o 62 anni e 35 di contributi). Con 40 anni di contributi si andrà in pensione a prescindere dall’età (Prodi generoso come Maroni). Rispetto allo scalone di Maroni (che prevedeva per il pensionamento 60 anni di età e 35 di contributi dall’1/1/2008, 61 anni di età e 35 di contributi dall’1/1/2010 e 62 anni di età e 35 di contributi dall’1/1/2014) si guadagna qualcosa all’inizio, ma poi addirittura si peggiora la situazione con l’anticipazione al 2013 dell’obbligatorietà dei 62 anni qualora si abbiano solo (!) 35 anni di contribuzione. Molti/e lavoratori/trici avevano votato il centrosinistra con la speranza che cancellasse lo scalone di Maroni e mantenesse almeno la situazione attuale. Il programma dell’Unione parlava di superamento della Maroni, in realtà, con l’accordo del 23 luglio, ne viene fuori una semplice riverniciatura. L’età pensionabile per vecchiaia Resta invariata: 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, nonostante la forsennata campagna condotta da varie forze politiche ed economiche, sollecitata dall’Unione Europea, capeggiata in Italia dalla Bonino, per l’elevamento dell’età pensionabile per le donne. Ma attenzione: adesso, qualora passi l’accordo del 23 luglio, diverrà molto più facile procedere a passo di carica in tale direzione, perché i sostenitori dell’innalzamento dell’età faranno leva comunque sull’”incongruenza” per cui l’età pensionabile per vecchiaia per le donne risulterà essere più bassa di quella per anzianità
Le finestre di uscita Attualmente si va in pensione 4 volte l’anno; ci sono infatti le cosiddette finestre di uscita collocate il 1° gennaio, 1° aprile, 1° luglio, 1° ottobre; Maroni le diminuiva da 4 a 2, al 1° gennaio e 1° luglio di ogni anno. Questo è un cambiamento di non poco conto. Con le 4 finestre in vigore, se uno arriva all’età pensionabile entro il 31 marzo, può andare in pensione dal 1° luglio, allungando la propria attività lavorativa di 3/6 mesi; con le due finestre può andare in pensione solo a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo, con l’obbligo di restare ulteriormente al lavoro per un periodo compreso tra 9 mesi ed un anno. Con l’accordo del 23 luglio, il mantenimento delle 4 finestre solo per coloro che hanno 40 anni di contributi viene pagato dall’introduzione delle finestre anche per il pensionamento di vecchiaia (finora si va in pensione a partire dal primo del mese successivo a quello in cui si sono compiuti i 65 anni se uomini, i 60 se donne), con l’allungamento effettivo dell’età pensionabile per vecchiaia di 3/6 mesi. Mentre invece per tutti/e gli/le altri/e (la grande maggioranza) le finestre (come prevede la Maroni) passano da 4 a 2. La revisione dei coefficienti di trasformazione Con la controriforma Dini del ’95 si passa dal retributivo al contributivo. Cioè per i nuovi assunti e per coloro che hanno al 31/12/’95 meno di 18 anni di anzianità contributiva –oggi ormai la grande maggioranza dei lavoratori attivi- è valso un nuovo metodo di calcolo della pensione. Le pensioni per costoro non saranno più pagate dai contributi versati dai/dalle lavoratori/trici attivi/e e calcolate in percentuale sulla media degli ultimi anni di stipendio percepiti (grosso modo attorno al 70-80% del salario), ma saranno loro stessi/e con i propri contributi versati a pagarsi individualmente la futura pensione; questi contributi, rivalutati secondo gli indici Istat, moltiplicati per un numeretto (il cosiddetto coefficiente di trasformazione) determinano l’ammontare della pensione (ipotizzabile attorno al 60% dell’ultimo stipendio per quelli con il sistema misto, dal 45-50% in giù per i neoassunti dal ’96 in poi). Ma non è finita, perché per la legge Dini questo coefficiente è legato alle future aspettative di vita; se la durata della vita media si allunga -e ciò per fortuna è avvenuto- ogni dieci anni questo coefficiente deve essere adeguato, cioè dovrà essere rivisto verso il basso e ciò comporterà una riduzione secca delle pensioni. La revisione sarebbe dovuta avvenire nel 2005, ma Berlusconi furbescamente ha lasciato perdere, rimandandola all’entrata in vigore della Maroni e di fatto passando la mano al nuovo governo. Prodi invece no, anzi addirittura, da decennale che era, la revisione, con l’accordo del 23 luglio, diviene triennale. Perciò se, con la riforma Dini avremmo avuto due revisioni decennali dei coefficienti entro il 2016, ora, a quella data avremo ben tre revisioni (2010 – 2013 – 2016). Infatti, secondo il nuovo accordo, dal 2010 ogni tre anni saranno automaticamente rivisti al ribasso i coefficienti, così le pensioni (soprattutto quelle dei più giovani calcolate col metodo contributivo) subiranno una prima diminuzione del 6-8%. Già sono scritte le tabelle con i nuovi coefficienti che entreranno in vigore a partire dall’1/1/2010; altro che trattative in corso, come vogliono illudere Cgil-Cisl-Uil; la commissione istituita all’uopo è solo uno stantio specchietto per le allodole. Insomma si tratta di una sorta di scala mobile al contrario, che, come una mannaia, falcidierà le future pensioni, altro che provare a spacciare che dovranno trovarsi “meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e di garanzia (che potrebbero portare indicativamente il tasso di sostituzione…non inferiore al 60%)” (pag. 13 del protocollo); tali fumisterie possono solo soddisfare i velleitarismi di Rifondazione, che si vanta di aver mitigato con questa vuota formuletta il taglieggiamento delle future pensioni dei più giovani, progressivamente ridotte a circa un terzo degli ultimi stipendi percepiti. I coefficienti a confronto Età “Riforma Dini” (L. 335/’95) Accordo 23/07/2007 57 4,720 4,419 58 4,860 4,538 59 5,006 4,664 60 5,163 4,798 61 5,334 4,940 62 5,541 5,093 63 5,706 5,257 64 5,911 5,432 65 6,136 5,620 Lavori usuranti Anche in questo caso siamo alla beffa. Da una parte si concede di andare in pensione tre anni prima, comunque a non meno di 57 anni inizialmente e successivamente a 58 e poi 59 anni, ed in più si allarga la platea dei lavori usuranti che ad oggi comprende circa 1.400.000 lavorator (ai precedenti 362.000, elencati nel decreto Salvi del ’99, si aggiungono gli addetti alla catena, ai turni di notte, i conducenti di mezzi pubblici pesanti); dall’altra si stabilisce che, poiché si è vincolati alle compatibilità economiche, non potranno esserci più di 5.000 pensionamenti all’anno (per un totale di 50.000 nei prossimi 10 anni). Del resto sono stati stanziati solo 252 milioni di euro annui. Secondo tale logica occorrerebbero 280 anni per mandare in quiescenza 1.400.000 lavoratori usurati. I conti dell’INPS e l’aumento dei contributi previdenziali Rimane ancora disapplicata, dopo circa 20 anni, la legge che separa la previdenza dall’assistenza; per cui sull’INPS continuano impropriamente a gravare spese di tipo assistenziale (indennità di disoccupazione, integrazioni al minimo pensionistico, cassa integrazione,…) che andrebbero invece caricate sulla fiscalità generale. Anche quest’anno l’INPS registra nel saldo tra entrate ed uscite previdenziali un attivo di circa 4 miliardi di euro, nonostante ammontino a 35 miliardi di euro i crediti già accertati e non versati dalle aziende e a 40 miliardi i contributi evasi ogni anno. Da precisare che lo 0,30 per cento di aumento dei contributi a carico dei/delle lavoratori/trici scattato da gennaio con l’ultima Finanziaria non è servito a rimpinguare il bilancio di INPS, INPDAP, etc…, ma semplicemente a far cassa per risanare il bilancio dello stato. Non contento, il governo Prodi torna alla carica e, per sostenere il costo della sua “riforma”, prevede nei prossimi anni un risparmio di 360 milioni di euro dalla razionalizzazione (?) degli enti previdenziali; se ciò non avverrà, ed è facile prevedere che sarà così, scatterà dall’1/1/2011 un ulteriore aumento dello 0,09% dei contributi previdenziali versati dai/dalle lavoratori/trici. Aumento delle pensioni minime E’ il vanto di Prodi, come a suo tempo (2001) di Berlusconi. Gli aumenti riguardano solo 3.050.000 pensionati , con più di 64 anni e che non superino di 1,5 volte il reddito lordo annuo di 8.504,73 euro; cioè coloro che percepiscono sotto i 655 euro mensili, meno del 20% dei pensionati. Per il 2007 l’aumento annuo lordo sarà di 392 euro che diventeranno 504 (38,76 al mese) dal 2008 per coloro che hanno versato contributi per oltre 25 anni; 327 euro per il 2007 e 420 (32,30 al mese) dal 2008 per coloro che hanno versamenti contributivi tra i 15 e 25 anni; 262 euro per il 2007 e 336 (25,85 al mese) dal 2008 per coloro che hanno versamenti contributivi fino a 15 anni. Per le pensioni sociali (assistenziali) si prevede un incremento di 12 euro mensili per 290.000 anziani e anziane, per arrivare ad un totale di 580 euro mensili L’aumento per le minime consiste praticamente in un caffè al giorno; insomma una miseria, ma anche la miseria ha le sue gerarchie, infatti c’è da sottolineare che l’aumento è inversamente proporzionale al reddito del pensionato. Per le pensioni sociali siamo invece alla possibilità di acquistare un cappuccino ogni 3 giorni. Sembra andar meglio per la rivalutazione delle pensioni basate su versamento di contributi (quindi ancora una volta esclusi/e i/le pensionati/e sociali e assistenziali, veri e propri paria sociali); l’indicizzazione delle pensioni da 3 a 5 volte il minimo (da 1.308 a 2.180 euro mensili) passa dall’attuale 90% (sull’inflazione ufficiale calcolata dall’ISTAT) al 100%. Ma ciò avverrà solo per tre anni; dal 2011 si ritorna all’attuale 90%. Tale è il grande aumento per i/le pensionati/e che, nell’80% dei casi, vivono con meno di 1.000 euro al mese e con il problema non della quarta, ma della terza settimana. Ogni commento è superfluo. I contributi dei “giovani” “Per i giovani che sono nel sistema contributivo sarà possibile cumulare tutti i contributi maturati in qualsiasi gestione pensionistica.” Recita Pinocchio (Cgil-Cisl-Uil). Il protocollo prevede: “In previsione di una più ampia riforma della totalizzazione che riassorbisca e superi la ricongiunzione, si attueranno interventi immediati che assicureranno ai lavoratori l’utilizzabilità dei contributi versati”. Scrive Pantalone (Confindustria governo e sindacati). Al di là del fatto che i contributi figurativi vengono previsti per il solo periodo in cui si percepisce l’indennità di disoccupazione, di quali contributi si sta parlando e versati da chi? E che cosa hanno perso nel frattempo giovani lavoratori/trici precari/e? Chiediamolo, ad esempio, agli addetti dei call center che si sono visti costretti testualmente a firmare (con l’avallo di Cgil.Cisl e Uil), all’atto di un’assunzione dovuta , (come stabilito chiaramente nel famosissimo verbale di ispezione di Atesia del 22.08.06 con le relative violazioni amministrative e penali riscontrate per lor signori): “Il/la sottoscritto/a…….. rinuncia a formulare nei confronti dell’azienda qualunque azione di carattere giudiziale e non, per qualsiasi titolo o ragione o causa comunque connessa con il rapporto di lavoro a progetto intercorso, ivi comprese, [….. ] quelli aventi ad oggetto il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro a progetto intercorso e/o la rivendicazione delle connesse differenze retributive dirette, indirette o differite ….”. Non solo sono stati costretti a rinunciare al salario diretto dovuto (parliamo di migliaia e migliaia di euro per addetto) a tutto-profitto dei padroni, ma il costo della contribuzione indiretta grazie al famosissimo art.176 della finanziaria ammazzaprecari del 2006 è stato scontato a lor signori, ricadendo interamente sulle casse dell’INPS con lo stanziamento di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Cioè si è stanziato di più l’anno scorso per condonare i padroni che, dal 2008, per i lavori usuranti. “Parasubordinati” Ovvero altri/e lavoratori/trici precari/e per i quali è stato previsto l’aumento della aliquota previdenziale di 3 punti percentuale, ma senza definire la quota a carico dei padroni. Il che potrebbe significare che l’aumento della quota potrà incidere sul già magro reddito del/la precario/a. Quindi considerando che non è stato affatto stabilito chi deve pagare e che i 3 punti di aumento in percentuale complessivamente rappresenteranno un introito maggiore per le casse dello stato della “sospensione per un anno dell’indicizzazione per le pensioni superiori a 8 volte il minimo”, possiamo con certezza affermare che ancora una volta è stato rubato ai poveri per dare ai ricchi! Contratti a termine che non …terminano. Viene prevista l’estensione oltre i 36 mesi (anche non continuativi e nella stesa azienda) del contratto a termine che sarà una pesante ipoteca rispetto ai contratti collettivi in scadenza e futuri. La Legge 30, ben lungi dall’essere abrogata o anche solo parzialmente messa in discussione (ma c’era qualcuno che ci credeva veramente?), viene qui inglobata ed esaltata, di fatto e di diritto. Il vincolo della ratifica, in sede di Direzione Provinciale del Lavoro con un rappresentante sindacale, dell’estensione della durata dei contratti a termine –praticamente all’infinito- non solo non costituisce una garanzia per il/la lavoratore/trice sotto ricatto, ma è anche uno strumento per impedire qualsiasi possibile futura vertenza legale, perché la loro condizione lavorativa precaria sarà avallata dall’”assistenza sindacale”, e quindi, per definizione, non impugnabile. Inoltre, non viene fissato un tetto massimo di percentuale di assunzione a termine e tutto è demandato alla contrattazione collettiva. E, come se ciò non bastasse, viene sancito che “le assunzioni a termine per attività stagionali, per ragioni sostitutive e quelle connesse alle fasi di avvio di attività d’impresa sono escluse dai limiti massimi percentuali ove fissati dai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi” (p.21). Cioè, con buona pace dei confederali, per una buona parte delle esigenze produttive! Quindi potremo avere aziende con manodopera totalmente precaria. Lavoro a chiamata Fino ad ora sono stati chiamati 500 lavoratori/trici in tutto. Quindi non è costato nulla prometterne l’abolizione. Si è aggiunta però la proposta di inserire forme di “part-time” brevi, sempre a …. chiamata! Staff leasing Il contratto di somministrazione di forza lavoro anche a tempo indeterminato (una sorta di lavoro interinale infinito), detto staff leasing, era uno dei punti irrinunciabili, la cui cancellazione era pregiudiziale per Cgil-Cisl-Uil. Ovviamente, nell’accordo del 23 luglio, è rimasto e sarà ulteriormente incentivato, poiché parecchio richiesto dalle medie e grandi imprese ed anche dalla Pubblica Amministrazione. Part-time. Non viene assolutamente abolita la flessibilità introdotta dalla legge 30, la possibilità di dire “NO” alle clausole di flessibilità viene demandata alla contrattazione collettiva. Mentre per i/le lavoratori/trici impegnati/e in “motivati compiti di cura” sono previsti accordi individuali. Irrisorio il tetto delle 12 ore per disincentivare l’abuso del part time. Contratto di apprendistato ed inserimento Tutto confermato per l’apprendistato, visto il suo recente grande rilancio e prolungamento (come si ricava anche dall’ultimo contratto dei metalmeccanici, che ne allunga i termini e ne abbassa le garanzie per i/le lavoratori/trici); in più governo Prodi, Confindustria e Cgil-Cisl-Uil si impegnano a “definire standard nazionali dei profili professionali e dei percorsi formativi, anche al fine di agevolare la mobilità geografica degli apprendisti”. Oltre che apprendisti, da adesso anche mobili. Resta uguale a prima il contratto d’inserimento che riguarda i giovani da 18 a 29 anni, i disoccupati di lunga durata da 29 a 32 anni, i senza lavoro con più di 50 anni. E’ una vera manna per le imprese che lo utilizzano perché inquadrano gli/le assunti con questo tipo di contratto a due livelli inferiori a quello effettivamente spettante, in più godono di forti sconti sui contributi previdenziali e assistenziali. Le lavoratrici Le donne sono statisticamente le più povere e le meno retribuite anche in Italia. Non solo. Lavorano di più perché hanno sulle proprie spalle i lavori di “cura domestica, funzionali alla diminuzione del costo del salario complessivo e al risparmio delle spese sociali. Valgono ben poco i palliativi di “iniziative connesse a servizi per l’infanzia e l’anzianità”, di fronte all’ennesima regalia che viene fatta ai padroni con gli sgravi contributivi per le assunzioni nel Mezzogiorno e le flessibilità d’orario. E, come se non bastasse, anziché garantire veramente alle lavoratrici la possibilità di scegliere liberamente il proprio “ruolo” nella famiglia, si incentiva per loro il lavoro “part time”. Decontribuzione degli straordinari e detassazione del salario accessorio. Sono un vero regalo alle imprese in termini economici! Più straordinari e meno assunzioni. Più profitti padronali, più sfruttamento e meno diritti e qualità del lavoro. La foglia di fico della “pensionabilità” del salario accessorio è un inganno, considerando che questo è sostanzialmente alla mercè delle decisioni padronali. E la “defiscalizzazione” sarà sostanzialmente un’ulteriore agevolazione per lor signori che guadagneranno una media di 250 euro “ad personam” mentre per il/la lavoratore/trice viene calcolata una media di 90 euro. Inoltre, concentrando l’attenzione e gli eventuali aumenti sulla parte flessibile, variabile e aziendale del salario, si concede ampio spazio ai padroni per proseguire nell’attacco e nella demolizione del contratto nazionale di lavoro, che, in questa fase, è uno dei loro obiettivi principali. La riforma degli ammortizzatori sociali Due i punti cardine: “armonizzazione” della disoccupazione ordinaria e del trattamento di mobilità, per arrivare all’unificazione dei trattamenti; unificazione della Cassa Integrazione ordinaria e straordinaria. Viene prevista l’estensione temporale (da 6 a 8 mesi per tutti, da 9 a 12 mesi per gli over 50 anni) del trattamento di disoccupazione ordinaria e l’aumento dell’assegno (60% dell’ultima retribuzione per i primi sei mesi, poi il 50% e infine il 40% a scalare). Perché tanta grazia? Se le parole hanno un senso, armonizzare significa elevare il più basso ed abbassare il più alto, quindi attendiamoci pure a breve un notevole ridimensionamento del trattamento di mobilità, fino appunto ad “unificarlo” con la disoccupazione ordinaria. Nel protocollo non è ancora detto nero su bianco, ma è la logica e inevitabile conseguenza di quanto affermato. Il trattamento di disoccupazione sarà quindi il vero ammortizzatore sociale del futuro, che tendenzialmente ingloberà o –per usare un termine caro ai ministri di questo governo– “supererà” tutti gli altri. E questo lo si evince anche dal capitolo relativo alla “integrazione al reddito” (pag. 17) dove, annunciando l’unificazione di Cigo e Cigs, si prefigurano come impellenti e inevitabili numerosi processi rilevanti “eccedenze di mano d’opera”, per cui il problema principale sarà “la partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori, avendo come principali riferimenti il territorio, gli strumenti di concertazione.., la capacità di mobilitare risorse…..”. Vi ricordate il tentativo –non riuscito– di Berlusconi di “allineare” i/le lavoratori/trici in cassa integrazione straordinaria a quelli in mobilità proiettandoli verso il reimpiego coatto e quindi buttandoli fuori dalla fabbrica di provenienza? Qui siamo già oltre il semplice tentativo, per cui non solo per i padroni sarà più semplice utilizzare questi strumenti senza troppi controlli e verifiche sulla rotazione o sulle politiche aziendali, ma si afferma chiaramente che ad ogni dichiarazione di esuberi dovrà naturalmente seguire una disponibilità al reimpiego in altri lidi dei/delle lavoratori/trici interessati/e. Per i/le quali occorrerà “rendere effettiva la perdita della tutela in caso d’immotivata non partecipazione ai programmi di reinserimento al lavoro o di non accettazione di congrue opportunità lavorative” (pag 16). Lavoratori e lavoratrici immigrati/e Non c’è praticamente nulla, tranne un generico impegno a stipulare convenzioni con i Paesi d’origine, per permettere a lavoratori/trici immigrati/e di percepire un giorno la pensione, ma il tutto è subordinato alle solite compatibilità finanziarie. Per cui è facile prevedere che gli/le immigrati/e regolarmente assunti/e continueranno a versare i contributi all’INPS e a non percepire la pensione. Ci sono quindi miliardi di motivi per dire NO Dall’8 al 10 ottobre Cgil-Cisl-Uil hanno indetto una consultazione sugli accordi del 23 luglio. Sarà una consultazione truccata; Cgil-Cisl-Uil hanno deciso che i sostenitori del no non avranno spazio, quando si tratterà di illustrare l’accordo nelle assemblee, in cui gli interventi introduttivi saranno obbligatoriamente a favore dell’accordo; né i sostenitori del no potranno controllare i risultati delle votazioni, che in tanti casi si terranno nelle sedi territoriali di Cgil-Cisl-Uil). Nonostante e contro questa truffa, invitiamo lavoratori e lavoratrici, precari, pensionati ed immigrati ad esprimere in tutti i modi possibili il loro rifiuto, la loro contrarietà, il loro NO all’accordo del 23 luglio. Usiamo le assemblee in corso, interveniamo nei luoghi di lavoro e sui territori per propagandare le ragioni del NO. Ma la mobilitazione va ben oltre la consultazione dell’8-10 ottobre. L’accordo del 23 luglio non è in vigore; per divenire tale deve essere trasformato in legge attraverso un collegato alla Finanziaria 2008. Per cui la lotta è solo all’inizio. Costruiamo nei posti di lavoro, nei territori, nel Paese, le condizioni per la migliore riuscita dello SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO VENERDI’ 9 NOVEMBRE per cancellare l’accordo del 23 luglio, lo scalone di Maroni, la Legge 30 e il Pacchetto Treu, per la difesa del TFR, per il diritto dei lavoratori iscritti di uscire dai Fondi pensione

Arrivano le elezioni RSU...

Si avvicinano le elezioni per il rinnovo della RSU e, come da rituale, siamo inondati da materiali e volantini sindacali d’ogni tipo.
E’ veramente singolare che proprio ora, organizzazioni sindacali aziendali che non hanno mai prodotto informazione sindacale, che non si sono mai distinte nella critica alle scelte dell’Amministrazione, oggi si scoprono improvvisamente attive e combattive come non mai, improvvisamente desiderose di comunicare con quei lavoratori che hanno la pretesa di rappresentare.
Dunque si è aperto il “tutti contro tutti”. Ognuno spara la promessa più grossa, per l’uno o per l’altro reparto, per un’area o categoria piuttosto che per un’altra.
DIFFIDIAMO di chi ci dice “noi siamo gli unici” che possiamo rappresentare gli interessi della tua categoria: fare leva su egoismi, su rivalità e competizione tra i lavoratori e lavoratrici serve solo a dividerci e a rafforzare la controparte.
DIFFIDIAMO di chi tira il sasso ma puntualmente ritrae la mano e rientra nei ranghi delle compatibilità.
DIFFIDIAMO di quelle organizzazione sindacali che con i loro comportamenti hanno azzerato in questi anni il livello di partecipazione creando distacco e sfiducia tra il personale.
Noi Cobas riteniamo che vada ricostruito un meccanismo di partecipazione nei posti di lavoro, intrecciando le specifiche questioni di ufficio (sicurezza, salario accessorio, diritti), con le vertenze di carattere generale per contrastare le politiche concertative attuate da CGIL, CISL, e UIL che hanno indebolito il potere contrattuale e salariale dei lavoratori pubblici.
Non ci interessa divenire professionisti della trattativa, o sindacalisti di mestiere, poiché riteniamo che debbano essere le assemblee dei lavoratori, e non le segrete stanze della trattativa, il luogo ove prendere decisioni.
Per questo motivo, consideriamo la lista COBAS come uno strumento per far riprendere voce ai lavoratori direttamente e senza deleghe.
Noi Cobas vogliamo rilanciare il ruolo delle RSU e della contrattazione, non in funzione della gestione del potere a livello di singolo ufficio, ma al contrario come strumento per rilanciare la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali.
E’ questo il motivo per cui diamo la possibilità di presentare liste Cobas Pubblico Impiego a tutti quei lavoratori che vogliono impegnarsi su contenuti che restituiscano dignità e protagonismo alla categoria, e rilancino la funzione sociale della Pubblica Amministrazione.

SOTTOSCRIVI, PRESENTA E VOTA LISTE COBAS!

08 giugno, 2007

Ancora sui contratti

Lo scandaloso accordo sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego: una intesa che attacca il potere di acquisto e di contrattazione.

Si è conclusa nel peggiore dei modi la trattativa tra Governo e Sindacati sul pubblico impiego, con la sottoscrizione di un accordo che modifica in peius i contenuti della già discutibilissima preintesa del 6 aprile.
Il Governo aveva stanziato nella preintesa del 6 aprile, una cifra, 101 euro lordi, comprensiva anche degli aumenti della contrattazione decentrata, 93 euro lordi senza considerare le risorse per la contrattazione di secondo livello.
CGIL, CISL e UIL, premevano, convocando scioperi poi puntualmente revocati, perché fossero corrisposti 101 euro lordi di aumento al netto della contrattazione decentrata: insomma, la “distanza” tra le posizioni sindacali e quelle del governo è stata, in questi due mesi, di “ben” 8 euro lordi! Ebbene, l’accordo sottoscritto, formalmente riconosce 101 euro lordi di aumento, ma, con lo spostamento della decorrenza degli aumenti dal 1 gennaio 2007 (come previsto dalla preintesa del 6 aprile) al 1 febbraio 2007, la cifra, spalmata per undici mensilità anzichè dodici, corrisponde esattamente ai 93 euro originariamente proposti dal Governo, il quale così non aggiunge neanche un centesimo in più a quanto originariamente stanziato!
A questo si aggiunga che i 101 euro lordi di aumento (al netto si tratta di circa 60 euro) sono differenziati a seconda dei comparti (si va dai 93 euro degli enti locali ai 118 degli enti pubblici non economici) e che diventeranno effettivi soltanto nel 2008, cioè con ben due anni di ritardo rispetto alla normale scadenza contrattuale appena la Finanziaria 2008 avrà stanziato i soldi necessari al pagamento degli arretrati.
Per ciò che concerne gli arretrati, dal 01/01/2006 al 31/01/2007, l’accordo rispolvera l’indennità di vacanza contrattuale (idv) cioè una miseria pari a circa 11 euro lordi al mese.
Insomma, in un sol colpo, si azzerano 13 mesi di contratto, sostituiti dalle briciole della idv, e ci si impegna a corrispondere gli aumenti con ben 2 anni di ritardo.
Ma, ciliegina sulla torta, l’accordo prevede il passaggio alla triennalizzazione dei prossimi rinnovi contrattuali (2008 – 2010) scardinando l’attuale assetto contrattuale: i diktat di Montezemolo e della Confindustria, e la campagna forsennata contro i lavoratori pubblici sortiscono l’effetto desiderato.
In questa maniera il pubblico impiego diviene il cavallo di Troia per sancire la revisione del modello contrattuale in tutto il lavoro dipendente sia pubblico che privato: ed in assenza di un meccanismo di riallineamento dei salari, la scala mobile, l’allungamento di un anno dei contratti comporterà un ulteriore impoverimento delle famiglie dei lavoratori.
Con questa intesa, quindi, perdono potere di acquisto e di contrattazione i lavoratori pubblici e si introducono elementi negativi che avranno ripercussioni su tutti i rinnovi contrattuali inclusi quelli del privato.
Per queste ragioni respingere l’accordo vuol dire non accettare i ricatti dei poteri economici e finanziari ai quali preme solo ridimensionare i nostri salari e smantellare la Pubblica Amministrazione.

03 giugno, 2007

Pietro Falanga

I compagni dei Cobas del Pubblico Impiego sono vicini alle RdB Cub per la scomparsa di Pietro Falanga, compagno generoso e inesauribile, che diversi di noi hanno avuto la fortuna di conoscere e con cui hanno condiviso numerose battaglie sindacali.

Lo scandaloso accordo sui rinnovi contrattuali tra Governo e Sindacati nel Pubblico Impiego

Nella notte tra il 28 d il 29 Maggio Cgil-Cisl-Uil e Governo hanno chiuso la partita contrattuale nel Pubblico Impiego, siglando un accordo ancora peggiore della già vergognosa preintesa del 6 aprile: oltre a stabilire l’entità degli aumenti contrattuali, si scardina la contrattazione sindacale nel settore pubblico, con la definizione e la durata triennale dei contratti nazionali.
La manfrina tra sindacati e governo, riguardava nell’ultimo periodo il fatto che il governo, sbeffeggiando i sindacati firmatari della preintesa, prima aveva stanziato una cifra comprensiva anche degli aumenti della contrattazione decentrata. e poi aveva quantificato la cifra degli aumenti in 95 euro mensili, ovvero pochi euro in meno rispetto ai 101 già stabiliti.
Cgil-Cisl-Uil, che sempre in aprile avevano sottoscritto un accordo che attribuiva ai dirigenti degli Enti Locali oltre 175 euro di aumento, ribadivano (riconvocando per l’1 giugno uno sciopero precedentemente revocato) la richiesta di aumenti mensili medi lordi di 101 euro (circa 65 al netto delle ritenute): aumenti per altro non uguali per tutta la PA (gli aumenti nei Ministeri sono più alti che negli altri comparti) e che non coprono nemmeno la metà dell’inflazione del biennio. Da questo “braccio di ferro” giocato sulla pelle dei lavoratori pubblici è nato l’accordo.
QUALI SONO I CONTENUTI SALIENTI DELL’INTESA?
1) Gli aumenti di 101 euro scatteranno, non dal gennaio 2007 (come previsto dalla famosa “Intesa” di aprile), ma dal febbraio 2007, lasciando tutto l’anno 2006 senza aumenti contrattuali per i dipendenti pubblici.
Gli aumenti economici diventeranno effettivi nel 2008 (il Governo si impegna a stanziarne i fondi con la prossima Legge Finanziaria).
2) A partire dal 2008, la durata dei contratti, in via “sperimentale”, da biennale diventerà triennale: per i lavoratori pubblici che assistono sistematicamente a cronici ritardi nei rinnovi contrattuali, la triennalizzazione dei rinnovi costituisce una autentica provocazione!
In questo modo, dopo avere perso 15 anni fa la scala mobile (che adeguava automaticamente ogni 6 mesi i salari al costo della vita), da oggi le retribuzioni perdono un altro anno di incremento.
Gli inviti di Montezemolo e della Confindustria a triennalizzare i contratti e la campagna forsennata contro i lavoratori pubblici sortiscono l’effetto desiderato: ringraziamo vivamente il governo e CGIL, CISL e UIL….

Rimandiamo al mittente questo accordo, respingiamo questa svendita colossale, sbugiardiamo il governo “amico” e i sindacati conniventi!
Mobilitiamoci in tutti gli uffici!

16 maggio, 2007

Dal quotidiano Liberazione del 15/5/07

Statali, Cobas: campagna su contratto e memorandum
Una settimana di volantinaggi nei luoghi della pubblica amministrazione per informare i lavoratori su cosa sta succedendo in merito al loro contratto. L'hanno appena terminata i Cobas, cercando di fornire un'informazione «capillare» su contratto e memorandum. «Abbiamo detto loro che alla fine, con il tetto del 4,6 gli aumenti reali non saranno di 101 euro ma di 90 e che l'intesa firmata dai confederali e dalle Rdb blocca la concentrazione decentrata e depotenzia completamente il ruolo delle Rsu» spiega Federico Giusti. Sul volantino i Cobas hanno anche riportati i «120mila euro con cui il Cnel finanzia se stesso per andare a scovare nei posti di lavoro i "fannulloni", quelli della famosa Turci-Ichino». Anche il Tfr, anzi lo «scippo del Tfr» è stato argomento di discussione con «migliaia di lavoratori che da mesi aspettano il fantasma del rinnovo del contratto e che adesso sono indecisi se accettare questi soldi, pochi, maledetti e subito, o se invece continuare la battaglia per un'intesa migliore» conclude Giusti.

09 maggio, 2007

RINNOVI CONTRATTUALI e PRECARIATO NEL P.I.

La sottoscrizione dell’intesa per l’avvio delle trattative relative ai rinnovi contrattuali in tutti i comparti del pubblico impiego ha posto ancora di più il problema salariale dei lavoratori pubblici, sempre più inadeguato e sempre più distante dall’inflazione e dal galoppante costo della vita.
La miseria degli aumenti mensili previsti da quest’accordo sono addirittura inferiori rispetto agli aumenti economici corrisposti dal governo Berlusconi, non coprendo nemmeno la metà dell’inflazione del biennio 2006-2007, con l’aggravante che saranno finanziati con la legge Finanziaria del 2008 e con la cancellazione di fatto del 2006 che sarà remunerato con la sola Indennità di Vacanza Contrattuale (aumento dello 0,7%, circa 11 euro lordi mensili).
Se dal punto di vista economico i lavoratori sono e saranno salassati e non viene prevista, a titolo di risarcimento e recupero stipendiale, nemmeno una parte di quel famoso “tesoretto”, molto strombazzato sulla stampa dedicato invece in massima parte a ridurre il deficit del bilancio statale, nessuna nuova positiva dal versante del precariato dove, al di là di 7 - 8 mila precari da stabilizzare annunciati dalla scorsa Finanziaria, non vi è nessuna risposta concreta alla assunzione definitiva di migliaia di precari storici.
E, quindi, mentre i salari dei lavoratori sono regolarmente decurtati e non si prende di petto la situazione dei circa 350 mila precari nelle pubbliche amministrazioni, assistiamo alla denigratoria campagna contro lo “statale fannullone” da parte di mass-media, governo e Confindustria che nasconde la trappola di rinnovi contrattuali sempre più al ribasso, che comprenderebbero anche le cifre del salario accessorio il che significherebbe, di conseguenza, il blocco del secondo livello della contrattazione.
Per i Cobas le questioni riguardanti i contratti e il precariato e lo smantellamento dei servizi pubblici non sono chiuse con l’applicazione dell’intesa ultima di aprile sottoscritta dai sindacati confederali e non.
Per questo motivo i Cobas del Pubblico Impiego, nella settimana tra il 7 e l’ 11 maggio, organizzano negli uffici e sui territori iniziative di informazione all’insegna della lotta contro lo smantellamento della P.A, per la stabilizzazione dei precari pubblici, per aumenti contrattuali adeguati all’inflazione reale, per la difesa della previdenza pubblica e del TFS.

A Roma presidio permanente dal 18 aprile,con sciopero della fame, sotto la sede dell’Unione in piazza SS. Apostoli, per la difesa e l’allargamento dei diritti sindacali.

22 aprile, 2007

L'intesa per i contratti nel Pubblico Impiego

RESPINGIAMO L’INTESA PER I RINNOVI CONTRATTUALI NEL PUBBLICO IMPIEGO: RIAPRIAMO LA PARTITA PER AUMENTI CONTRATTUALI ADEGUATI AL COSTO DELLA VITA!

Alla vigilia di Pasqua, Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Rdb/Cub e sindacati autonomi hanno sottoscritto un’intesa per l’avvio delle trattative relative ai rinnovi contrattuali in tutti i comparti del pubblico impiego.
Non si tratta della stipula dei contratti, ma di una intesa che detta le linee guida sull’entità degli aumenti salariali, sulle materie relative ai contratti dei vari comparti e chiude la porta anche a rivendicazioni storiche come il riconoscimento delle mansioni superiori, aumentando nello stesso tempo i carichi di lavoro.
I Cobas del Pubblico Impiego considerano questa intesa estremamente negativa per i lavoratori sia dal punto di vista salariale, che dal punto di vista degli scenari che si delineano per i lavoratori pubblici, nell’ambito dell’applicazione dei criteri dettati dal memorandum sul p.i. siglato il 18 gennaio.
L’intesa prevede aumenti mensili medi lordi di 101 euro (circa 60 euro netti), addirittura inferiori rispetto agli aumenti economici corrisposti, nell’ultima tornata contrattuale, dal governo Berlusconi: aumenti, peraltro, non uguali per tutto il personale della Pa (per esempio negli enti locali sono sempre più bassi rispetto a quelli dei Ministeri), e che non coprono nemmeno la metà dell’inflazione che nel biennio 2006-2007 si è abbattuta sulle nostre retribuzioni.

Questi aumenti decorrono dal 1 gennaio 2007, ma saranno finanziati con la Legge Finanziaria del 2008, rimandandoci all’anno prossimo per la remunerazione effettiva.
Insomma, in perfetta continuità con il governo Berlusconi, si ratifica, ancora una volta, che i pur miseri aumenti salariali dovranno essere corrisposti con 2 anni di ritardo.
Per il 2006, invece, il governo se la cava con la sola Indennità di Vacanza Contrattuale (aumento medio dello 0,7%, pari a circa 11 euro lordi mensili), cancellando così, di fatto, un anno di contratto.
E pensare che proprio in questi giorni abbiamo appreso che nell’Europa dei 15 soltanto i salari dei lavoratori portoghesi sono più bassi di quelli italiani…
Dal punto di vista normativo, una parte significativa dell’intesa rimanda a quei “sistemi efficaci di misurazione della qualità e quantità dei servizi, sulla mobilità territoriale e funzionale” indicati nel Memorandum sul p.i.
In sostanza, attraverso la valutazione delle prestazioni, si vuole raggiungere il duplice obbiettivo di vincolare una parte rilevante del salario accessorio ai sistemi di valutazione determinati dai dirigenti e dall’utenza, e di procedere al “dimagrimento” del personale pubblico, attraverso lo strumento della mobilità e degli esodi, finalizzati a cedere ai privati interi settori del servizio pubblico.
Contemporaneamente si elude la questione del precariato, senza dare alcuna risposta su questo versante, negando la stabilizzazione di migliaia di Co.Co.Co, LSU e precari storici.

Sconcertante a dir poco è l’atteggiamento dei sindacati firmatari dell’intesa: dalla soddisfazione di CGIL CISL e UIL per aver concluso l’ennesimo accordo negativo, all’esultanza delle RDB/CUB che, in cambio dell’ammissione ai tavoli della trattativa, addirittura rivendicano la sottoscrizione di nuove risorse (?) quale frutto dello sciopero del 30 marzo.
Insomma il solito teatrino con governo e sindacati (questa volta anche le RDB) che rivendicano la bontà dell’intesa, ed i salari dei lavoratori regolarmente decurtati.
Ma le bugie hanno le gambe corte, ed al peggio non c’è mai fine… E dopo aver sottoscritto questa intesa al ribasso, i sindacati firmatari incassano l’ennesima sberla dal “governo amico”: la direttiva ministeriale all’Aran indica che il tetto massimo di incremento salariale è comprensivo anche della contrattazione integrativa, di fatto sancendo il blocco del secondo livello della contrattazione.
E dopo aver minacciato e poi revocato lo sciopero per il 16 aprile CGIL CISL e UIL sono adesso costretti a riconoscere che l’accordo stipulato non è il massimo, e minacciano lo sciopero della categoria per la metà di maggio.

Per i Cobas il discorso è completamente differente: la partita contrattuale non è chiusa, e la mobilitazione non può ridursi alla richiesta di applicazione di una intesa che taglieggia i salari e spalanca definitivamente le porte allo smantellamento del servizio pubblico: al contrario va riaperta la discussione con e tra i lavoratori/trici per aumenti contrattuali veri e per la difesa del ruolo sociale della P.A.

Per questo motivo i Cobas del Pubblico Impiego, nella settimana tra il 7 e l’ 11 maggio, organizzano iniziative di mobilitazione/informazione all’insegna della lotta contro lo smantellamento della P.A, per la stabilizzazione dei precari pubblici, per aumenti contrattuali adeguati all’inflazione reale e per la difesa della previdenza pubblica e del TFS.

10 aprile, 2007

L’imbroglio dei rinnovi contrattuali nel Pubblico Impiego

Si è conclusa, un paio di giorni prima della Pasqua, la “partita” dei rinnovi contrattuali nelle pubbliche amministrazioni.
Un grande battage mediatico, il finto sciopero indetto per il 16 aprile dai sindacati confederali ovvero una commedia architettata sempre alla stessa maniera, l’immediata controrisposta del governo che ha pescato dal cilindro delle finanze, disastrate sino al giorno prima, ulteriori risorse economiche, quantificando la spesa dei rinnovi contrattuali in 3,7 miliardi di euro. L'accordo economico stipulato per il biennio contrattuale 2006-2007 per il pubblico impiego e la scuola tra governo e Cgil-Cisl-Uil si basa su un aumento mensile medio lordo di 101 euro (un aumento netto di circa 60 euro), che non copre nemmeno la metà dell'inflazione reale del biennio.
Aumenti che avranno la decorrenza dal 1 gennaio 2007 e per il 2006 saranno coperti dalla rispolverata indennità di vacanza contrattuale (aumento medio dello 0.7%), sino ad oggi mai utilizzata per i contratti non rinnovati, che con questo accordo invece diventa sostitutiva degli aumenti contrattuali stessi, azzerando di fatto definitivamente un anno intero di contratto.
Ma il colossale imbroglio è che questi aumenti saranno finanziati con la manovra economica 2008, la prossima finanziaria autunnale, e quindi bisognerà attendere l’anno prossimo per la remunerazione definitiva. Ovvero si ratifica ancora una volta che i pur miseri aumenti contrattuali dovranno essere erogati con un ritardo di quasi 2 anni dalla loro naturale scadenza.
Nel contempo si elude clamorosamente la questione precariato senza dare nessuna risposta su questo versante. Solo il ministro della Pubblica Istruzione Fioroni promette oggi 50 mila assunzioni di precari nel biennio, che andranno a malapena a riempire il vuoto dei pensionamenti nel comparto scuola.
Ed inoltre con questo accordo si da il via definitivo al memorandum e ai suoi effetti perversi, quindi alla previdenza integrativa anche nel pubblico e allo smantellamento di altri pezzi della pubblica amministrazione che ad esempio nel Ministero Economia e Finanze vedrà la chiusura di decine di uffici provinciali e la mobilità coatta per 7 - 8 mila lavoratori.
Cgil, Cisl e Uil dopo aver “accompagnato” la Finanziaria 2007 che negava risorse dignitose per i contratti pubblici, hanno sottoscritto questo pessimo, rituale accordo e si preparano a revocare lo sciopero per il 16 aprile, raggirando per l’ennesima volta la buona fede e le esigenze dei lavoratori.

26 marzo, 2007

ANCORA SACRIFICI PER I DIPENDENTI PUBBLICI!

L'avevamo definita prima del 4 Novembre la Finanziaria ammazza precari e non avevamo torto… Nonostante le roboanti dichiarazioni sulla stabilizzazione di tutti i precari pubblici, adesso i nodi vengono al pettine e, a conti fatti, i precari stabilizzati saranno nel 2007 (forse) 9.000.
Negli enti locali i comuni con la Finanziaria, possono e non devono stabilizzare i precari, e molti sindaci di centro sinistra che si ergono a paladini degli enti locali contro il Governo nazionale, i soli risparmi che riescono a proporre, guarda caso, riguardano proprio l'assunzione di personale. Non una parola sulle consulenze esterne o sulla vergogna degli stipendi dei manager pubblici!
La scorsa settimana è giunto nel settore pubblico l’accordo sulla precarietà tra CGIL, CISL, UIL e Governo: nessun impegno concreto solo una intesa fatta di parole in cui si accelera l'iter per una direttiva contenente alcune linee guida sul personale precario rimandando a tavoli settoriali per "affrontare le singole specificità".Insomma si gioca sulla pelle dei precari, ma in realtà si prende tempo in attesa che si decida in ambito governativo quali briciole accordare alla stabilizzazione dei precari visto che gran parte dei risparmi (frutto della contrazione del potere di acquisto di pensioni e salari) sarà destinato alle imprese. Nel frattempo l’incontro tra sindacati e governo sui rinnovi contrattuali si è risolto con un nulla di fatto: l’unica verità è che si allungano i tempi per la firma dei contratti della Pubblica Amministrazione scaduti da quasi 16 mesi ed è ormai chiaro l’obiettivo del Governo di annullare il biennio economico.
CGIL, CISL e UIL dopo aver tanto osannato la Finanziaria e tacitamente sostenuto la vergognosa propaganda del governo contro i dipendenti pubblici propedeutica alla firma del memorandum ed allo smantellamento della pubblica amministrazione, adesso addirittura minacciano lo sciopero!
Ed è veramente grottesco che la piattaforma su cui questi sindacati chiamerebbero i lavoratori allo sciopero preveda la richiesta di applicazione del memorandum, (che introduce umilianti meccanismi di valutazione dei singoli dipendenti da cui far scaturire l’accesso al salario accessorio), e l’estensione, anche al pubblico impiego, del passaggio del TFR ai fondi pensione, ennesimo attacco alla previdenza pubblica.
Nel frattempo, il tecnocrate Padoa Schioppa annuncia che l’extra gettito di 10 miliardi di euro (il c.d. tesoretto) andrà a beneficio delle imprese: per i lavoratori dietro qualche briciola per l’aumento delle pensioni minime, si nasconde l’aumento della età pensionabile e la revisione (in peius naturalmente) dei coefficienti di determinazione della pensione.
Insomma per i lavoratori pubblici niente contratti, niente stabilizzazione dei precari ma ancora una volta sacrifici….

RIAPRIAMO IN TUTTI I SETTORI DEL P.I. LA PARTITA PER RINNOVI CONTRATTUALI VERI (ALMENO 300 EURO DI AUMENTO)!
STABILIZZIAMO TUTTI I PRECARI!
DIFENDIAMO LA PREVIDENZA PUBBLICA CONTRO LE PROPOSTE DI ESTENSIONE DEL TFR AL SETTORE PUBBLICO!

18 marzo, 2007

La truffa continua: lo scippo del TFR si estende anche al TFS di Enti Locali e Sanità

Tra due o tre mesi anche enti locali e sanità saranno investiti dalla previdenza complementare portando a compimento quell'iter avviato con l'accordo del 7 dicembre 2004 tra Cgil Cisl Uil e il Governo Berlusconi.
Interessati non solo il personale a tempo indeterminato ma anche i lavoratori con contratto flessibile e quelli con contratto part-time.
Il 6 Marzo è stata sottoscritta l'ipotesi di accordo e le parti avranno 40 giorni per le verifiche previste dalla legge. Ma siamo certi che Aran e Governo definiranno celermente lo statuto e il regolamento del Fondo previdenziale e la Covip predisporrà il suo intervento con altrettanta solerzia.
Ma perchè tutta questa fretta per estendere la previdenza integrativa anche al pubblico impiego istituendo due fondi pensione?I fondi previdenziali costruiti nei settori privati registrano minori adesioni del previsto, segno che i lavoratori e le lavoratrici italiane non si fidano delle speculazioni finanziarie che potrebbero dissolvere i loro soldi.
Stanno arrivando notizie sul fallimento di alcuni di questi fondi, ultimo il Fondo Pensione del Teatro Carlo Felice di Genova: 300 tra pensionati e lavoratori del Teatro non sanno se riusciranno a recuperare quanto versato nel fondo di previdenza integrativa fondato nel 1971 con un accordo tra i sindacati e L’Ente Teatro.Ma sotto silenzio non è passato il CRACK di 40 milioni del fondo pensione della Cassa IBI, fallimento avvenuto nonostante numerose banche abbiano accordato incrementi stipendiali ai lavoratori che avevano optato per il fondo previdenziale.Negli ultimi anni le buste paga dei lavoratori pubblici hanno perso potere di acquisto, le pensioni con il calcolo contributivo avranno ulteriori perdite non inferiori al 20, 30%. Invece di rivedere i coefficienti e il sistema di calcolo per consentire ai pensionati di domani una previdenza dignitosa, si spendono soldi pubblici per sostenere il lancio della previdenza integrativa con 2,75 euro a lavoratore a carico del bilancio dello Stato e scaricando su Inpdap altri oneri.
Chi aderirà al fondo dovrà versare l'1% dello stipendio lordo. Un altro 1% sarà a carico del datore di lavoro. Il resto verrà dal TFS, ma saranno accantonamenti "virtuali": saranno infatti restituiti, rivalutati, l'ultimo giorno di lavoro.Felici e contenti CGil Cisl Uil e i pescecani dei fondi pensione. Lo scippo continua a discapito dei salari e delle pensioni che perdono sempre più potere di acquisto.
Prepariamoci anche nel settore pubblico a tenere il nostro TFS.Rimandiamo al mittente la truffa!

03 marzo, 2007

L’ingordigia del governo e di Cgil – Cisl – Uil sul TFR.

Il governo, ancora non sazio della pesantissima Finanziaria e del vistoso aumento di introiti dalla tassazione degli ultimi mesi, insiste nella "spremitura" dei salariati e dei pensionati.
Mentre si annuncia un'ulteriore attacco a pensioni già drammaticamente decurtate dalla "riforma" Dini e dopo aver avviato, con la trappola del silenzio/assenso, lo scippo del TFR nel settore privato, in un delirio di ingordigia oggi il governo, tramite il ministro Nicolais, annuncia che nel giro di un paio di giorni sarà pronto un provvedimento per sottrarre anche ai dipendenti pubblici la propria liquidazione.
Ancora una volta il governo Prodi si dimostra alleato e complice della Confindustria e del grande capitale finanziario quanto e più di Berlusconi che aveva messo in conto lo scippo del TFR per il 2008 nel settore privato e non prima del 2010 per il pubblico.
Addirittura entusiasti Cgil-Cisl-Uil per questa iniziativa che - parole del segretario Uil Angeletti - "renderà giustizia ai lavoratori pubblici". In realtà sono i sindacati concertativi a portare a compimento, grazie al governo amico, l'affare del secolo: se per il TFR del settore privato si calcolavano circa 20 miliardi di euro annuali da amministrare di concerto con i padroni nei Consigli di gestione dei Fondi pensione, figuriamoci che somma colossale avranno tra le mani se vi si aggiungeranno le liquidazioni del Pubblico Iimpiego.
Ma, dal punto di vista dei lavoratori/trici, i Fondi sono solo investimenti speculativi sul mercato finanziario che da un giorno all'altro possono fallire, come è capitato a famosissimi e apparentemente potenti Fondi negli USA e altrove.
Non abbandoniamo la certezza della nostra liquidazione, non consegniamo il nostro TFR alla speculazione finanziaria, organizziamo anche nel Pubblico Impiego la difesa del TFR e il boicottaggio dei fondi-pensione privati.
Roma, 11 gennaio 2007

Fermiamo la vergognosa campagna contro il personale della Pubblica Amministrazione!

E' in corso da tempo una vera e propria campagna denigratoria contro i dipendenti pubblici: in nome dell'"ammodernamento" e della "sburocratizzazione" della P.A. si susseguono dichiarazioni e proposte volte a dipingere gli impiegati pubblici come dei parassiti e dei perditempo. "Valutare attraverso una apposita struttura ogni singolo dipendente pubblico e licenziare i fannulloni" , dice il prof Ichino (ex consulente della Cgil oggi opinionista de Il Corriere della sera). "Valutazione sì ma da parte dei cittadini (?!) e mobilità per gli statali" replica la CGIL. In poche settimane la campagna ha prodotto i primi nefasti risultati: le esternazioni del prof Ichino sono approdate in una proposta di legge (che incontra il placet della maggioranza dei partiti di governo) consistente nell'istituzione di una apposita Autorità che dovrà controllare il livello di produttività dei lavoratori individuando il personale in esubero ed i lavoratori meno efficienti nei cui confronti dovrà essere disposta l'inibizione degli aumenti retributivi o addirittura il trasferimento. Ma come potrà una Authority verificare la produttività di ogni singolo dipendente? E se questo governo vuole realmente combattere la burocrazia che senso ha istituire una apposita struttura (che sa tanto di Tribunale dell'Inquisizione!) per controllare e punire i dipendenti pubblici?
In realtà ben altri sono gli obbiettivi di questa vergognosa campagna: - tagliare posti di lavoro - agganciare una quota sempre maggiore della retribuzione alla produttività da corrisponder solo ai più "meritevoli"; per i dipendenti meno meritevoli verrebbero addirittura inibiti gli aumenti contrattuali; - imbavagliare le Rsu, azzerare il potere di contrattazione nella Pubblica Amministrazione ed abbattere il potere di acquisto dei salari; - Favorire la svendita dei servizi pubblici e i nuovi processi di privatizzazione con il sostegno della opinione pubblica alla quale la Pubblica Amministrazione viene presentata come una macchina mangia soldi che protegge inefficienze di vario tipo.
La verità è che dipingere come fannulloni i dipendenti pubblici potrà tornare utile per non investire nella PA, nel lavoro e per smantellare i servizi pubblici! La verità è che attraverso questa campagna governo e sindacati amici (CGIL, CISL e UIL), vogliono occultare i veri problemi del settore pubblico acuiti dalla finanziaria appoggiata dai sindacati concertativi: dalla mancata stabilizzazione degli oltre 350.000 precari pubblici, ai miseri stanziamenti per i rinnovi contrattuali (già scaduti da un anno) previsti in finanziaria, ai tagli agli enti locali, alla vergogna degli stipendi d'oro dei manager pubblici, e delle clientele rappresentate dalle consulenze esterne! La verità è che Cgil Cisl Uil appoggiano ogni controriforma nel settore pubblico, come contropartita per aver ottenuto dal governo amico la gestione della previdenza integrativa attraverso la riforma del Tfr che tra qualche mese sarà estesa anche al pubblico impiego! I diritti, il salario e la dignità dei lavoratori pubblici non possono essere difesi da chi attacca il settore pubblico: è ora di dirlo chiaramente a CGIL, CISL, UIL, ed al governo!

12 febbraio, 2007

CONTRORIFORMA DEL PUBBLICO IMPIEGO:TRA MEMORANDUM E MANCATI RINNOVI CONTRATTUALI

La campagna denigratoria orchestrata nei confronti dei dipendenti pubblici ed approdata nella firma del memorandum da parte dal governo e dei sindacati governativi (CGIL CISL e UIL), ha qualcosa di veramente paradossale.
Il memorandum, che potrebbe apparire una innocua dichiarazione di intenti, contiene in realtà elementi molto pericolosi poiché attraverso la “valutazione della qualità dei servizi” si persegue l’obbiettivo di:
1) dimostrare l’inefficienza e l’improduttività di interi settori della P.A. per spalancare le porte allo smantellamento dei servizi pubblici ed alla ulteriore riduzione degli organici (gli strumenti utilizzati sarebbero la mobilità coatta ed i prepensionamenti), già ampiamente ridimensionati da decenni di blocco delle assunzioni.
In questa ottica si colloca, infatti, il ddl Lanzillotta che vuole mettere sul mercato i servizi pubblici locali (trasporti, asili, scuole) che costituiscono un “affare” di svariati miliardi di euro su cui le imprese già si apprestano a mettere le mani. Insomma l’ennesimo regalo che questo governo vorrebbe elargire a Montezemolo e soci, in modo da chiudere il cerchio di una finanziaria già oltremodo “magnanima” nei confronti della Confindustria
2) differenziare la retribuzione dei dipendenti pubblici corrispondendo quote sempre più consistenti di salario solo ai più “meritevoli” (il c.d. salario accessorio).
Pertanto, la valutazione dei dipendenti pubblici (da cui dipenderà la corresponsione di ingenti quote di salario) comporterà che il lavoro pubblico sarà “piegato” al raggiungimento di obiettivi imposti dall’alto (flessibilità oraria, riduzione degli uffici).
Ed è una vera e propria provocazione che questa vulgata pseudoculturale giunga proprio mentre circa 3.500.000 dipendenti pubblici attendono il rinnovo del contratto già scaduto da quasi quattordici mesi e con risorse stanziate in finanziaria assolutamente risibili!!
E nel frattempo governo e sindacati si apprestano ad estendere il furto del nostro TFR anche al settore pubblico, attraverso il passaggio del Tfr nella truffa dei fondi pensioni.
Proprio in questa fase in cui si parla sempre più a sproposito di riforma del pubblico impiego, vogliamo ribadire a coloro che vogliono affossare il servizio pubblico, ed impoverire ulteriormente il potere di acquisto dei nostri salari che il rilancio della P.A. non può che passare attraverso:
- l’apertura immediata delle trattative per i rinnovi contrattuali già scaduti da 14 mesi con aumenti in busta paga adeguati al costo della vita;
- l’ aumento generale delle pensioni, a partire dal boicottaggio dei fondi pensione che governo e sindacati concertativi si apprestano ad estendere anche al settore pubblico;
- l’avvio di un percorso serio di stabilizzazione di tutti i precari pubblici.

02 febbraio, 2007

Riunione nazionale dei Cobas Pubblico Impiego - sabato 3 febbraio 2006 dalle ore 9.30 alle ore 13.30 - Roma, viale Manzoni 55

Assemblea Nazionale

CONFEDERAZIONE COBAS

Roma 3 - 4 febbraio 2007


Sabato 3 febbraio
ore 14.00 - 19.30

Centro Congressi Cavour

via Cavour 50

Domenica 4 febbraio

ore 9.30 - 16.30

Istituto dei Salesiani via Marsala 42

26 gennaio, 2007

Memorandum sul pubblico impiego: ennesimo attacco al lavoro pubblico e alla contrattazione sindacale.

Il Governo e Cgil Cisl Uil hanno sottoscritto il 18/1/2007 un accordo su lavoro pubblico e riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, accordo che nel caso di Sanità ed Enti locali dovrà attendere l’approvazione del ddl Lanzillotta.
Noi crediamo che questo Memorandum getti una ipoteca negativa sulla contrattazione sindacale e stravolga l’impianto contrattuale: si tratta di una intesa che sposa la filosofia di chi propone la licenziabilità del dipendente pubblico presentato all’opinione pubblica come un irremovibile fannullone.
La Confindustria da anni chiede che la Pubblica Amministrazione e i servizi pubblici siano piegati agli interessi dell’impresa, invoca la esternalizzazione dei servizi e l’ingresso del mercato. Quello che è accaduto in questi anni è sotto gli occhi di tutti: le privatizzazioni non hanno diminuito la spesa pubblica (anzi è cresciuta) e nello stesso tempo la condizione retributiva e lavorativa degli esternalizzati è decisamente peggiorata creando sacche di sfruttamento e precarietà sempre più grandi.
Ad una prima lettura del Memorandum sembra sia ridimensionato il ruolo dei Dirigenti ma in realtà nasce una figura che è a metà tra il manager (con i soldi pubblici) e il tecnocrate che avrà una valutazione e un salario tanto maggiore quanto più raggiungerà alcuni obiettivi come il ridimensionamento delle dotazioni organiche, la intensificazione degli orari e dei carichi di lavoro, l’accorpamento di uffici (con perdita inevitabile di posti di lavoro).
Il Dirigente avrà quindi via libera nella definizione di una “migliore organizzazione della propria struttura” e in questa ottica si muoverà sempre meno nel rispetto dei diritti individuali e collettivi per favorire “gli obiettivi di gestione” (riduzione del costo del lavoro).
Come se non bastassero i Manager/tecnocrati, viene rafforzata la cosiddetta area Quadri intensificando le posizioni organizzative a discapito del restante personale della Pubblica Amministrazione che vedrà il proprio salario accessorio vincolato alla valutazione dei servizi.
Dietro il paravento della valutazione della qualità dei servizi (le c.d. pagelline) si vuole dimostrare l’improduttività di settori della P.A., per poi procedere all’accorpamento degli uffici con inevitabili riduzione degli organici.
Ed infatti, nell’ ottica della riorganizzazione della P.A. il personale pubblico, potrà essere costretto alla MOBILITA’. Dietro la promessa di qualche incentivo (c.d. esodi incentivati) chi non accetterà il trasferimento ad altri Enti o Ministeri dovrà accontentarsi di una buonuscita da prevedere e quantificare nei contratti collettivi.
Insomma la vergognosa campagna contro i dipendenti pubblici approda in un testo che mostra le reali intenzioni del governo e dei “sindacati amici del governo”: smantellare la pubblica amministrazione (altro che riorganizzazione e lotta alle esternalizzazioni!) e procedere gradualmente ad una riduzione del personale attraverso prepensionamenti e mobilità. E pensare che il numero dei dipendenti pubblici in Italia è inferiore alla gran parte dei paese Europei…
Ma questo Memorandum è negativo anche per i diritti sindacali e la contrattazione nazionale e decentrata, imbavaglia le Rsu togliendo loro materie fino ad oggi oggetto di trattativa, diminuendo il potere di contrattazione. In ambito nazionale verranno definite regole e criteri che saranno automaticamente recepite nei contratti nazionali e vincoleranno la stessa trattativa decentrata.
I lavoratori e le lavoratrici avranno sempre meno voce in capitolo e le decisioni che contano passeranno sulla loro testa. Flessibilità negli orari e nelle mansioni, mobilità, aumento dei carichi di lavoro avranno sempre più spazio nei prossimi contratti a discapito del recupero del potere di acquisto, dei riconoscimenti di mansioni superiori, e gli stessi aumenti salariali subiranno forti ridimensionamenti.
Il Memorandum parla di stabilizzazione del precariato ma ancora una volta si tratta di propaganda giocata sulla pelle dei precari: infatti l’unico dato certo della Finanziaria 2007 è che saranno stabilizzati solo 8.000 precari poiché mancano le risorse per la stabilizzazione di tutti i 350.000 precari pubblici.

Respingere questo memorandum è la base di partenza per rilanciare il ruolo pubblico e la dimensione sociale della Pubblica Amministrazione.

La propaganda giocata sulla pelle dei precari della P.A.

Il maxiemendamento alla finanziaria ha introdotto al comma 417 e seguenti un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale assunto con tipologie contrattuali atipiche.
In realtà tale comma, che dovrebbe costituire la risposta del governo alla legittima richiesta di assunzione di oltre 350.000 lavoratori pubblici, costituisce una norma a dir poco impalpabile: il fondo per la stabilizzazione, infatti, sarà da subito finanziato con 5 milioni di euro, ma verrà in seguito alimentato da presunti risparmi sugli interessi, conseguenti, alla riduzione del debito pubblico.
Somme, dunque, indefinibili e incerte, (eppure i dipendenti pubblici non possono essere retribuiti una tantum!) che senz’altro non porteranno alla soluzione del problema del precariato nella P.A.
Insomma nessuna assunzione a pioggia, come ha tenuto subito a precisare il Ministro della Funzione Pubblica Nicolais, ma la solita propaganda giocata sulla pelle dei precari!
Servivano stanziamenti e risorse economiche, arrivano invece pochi soldi e tanti vincoli: la finanziaria, infatti, parla espressamente di selezione per posti disponibili, a dimostrazione che non vi sarà nessun percorso serio e generale di stabilizzazione dei precari.
L’unica novità (sic!) è costituita dalla previsione, per i lavoratori assunti con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di una riserva del 60% dei posti nell’ambito delle amministrazioni che bandiranno, se mai verranno banditi, concorsi per l’assunzione a tempo determinato: in sintesi si passa da una forma di precariato, le co.co.co. , ad un’altra forma di precariato, il lavoro a tempo determinato, senza alcuna prospettiva di trasformazione in contratto a tempo indeterminato.
Allo stato attuale l’unica certezza è che le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).
A ciò si aggiunga che le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e purchè assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale, e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).
Negli enti locali, poi, è prevista in finanziaria una ulteriore riduzione della spesa per il personale rispetto a quella sostenuta nel 2004.
Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.
Se il Governo, intende realmente combattere il malfunzionamento della P.A., invece di insistere nella vergognosa campagna denigratoria contro i dipendenti statali, cominci a stabilizzare tutti i precari pubblici, considerato che questi lavoratori svolgono funzioni ordinarie e sistematiche all’interno degli enti!
Ma il governo Prodi, in continuità con le politiche del predecessore Berlusconi, ed ignorando il chiaro messaggio della manifestazione contro la precarietà del 4 novembre, continua nel processo di smantellamento della P.A, attaccando i diritti e la dignità dei dipendenti pubblici e riducendo i servizi che vengono resi alla collettività.

Via subito dall'Afghanistan

Il sondaggio di Ipr Marketing reso noto oggi cancella ogni dubbio: la maggioranza degli italiani/e vuole il ritiro delle truppe dall'Afghanistan, come ieri dall'Iraq; gli italiani/e non vogliono partecipare alle guerre che si fanno non contro il cosidetto "terrorismo", ma per accaparrarsi materie prime e ricchezze energetiche. I favorevoli al ritiro risultano il 56% mentre a voler restare è il 37%: uno scarto che toglie ogni incertezza. Tra gli elettori/trici dell'Unione lo scarto è di ben 30 punti (64 a 34). Perchè allora il governo intende sfidare, come pure consentendo l'allargamento della base Usa a Vicenza, il suo stesso elettorato? Non si tratta solo di sudditanza agli Stati Uniti: Prodi e D'Alema vogliono, grazie allo strumento militare, ingrandire il ruolo di "piccola potenza" dell'Italia, agevolando l’espansione di un capitalismo nazionale non in grado, con i soli strumenti economici, di battere la concorrenza. Dall’esaltazione dalemiana dell'esercito italiano “sesto del mondo come impegno all’estero” alla difesa del valore “unificante” della parata del 2 giugno, dal ritiro dall’Iraq concordato con gli Usa in cambio di un maggior impegno in Afghanistan all'intervento in Libano per potenziare gli interessi economici italiani nell’intero Medio Oriente, dall’ estensione delle basi Nato all’aumento delle spese militari nella Finanziaria, il governo Prodi ha accettato la logica della guerra permanente, cercando però di estendervi i proventi per il capitale italiano. E' dunque inaccettabile la passività con la quale la "sinistra radicale" parlamentare si sta preparando a cedere sia sul rinnovo della missione di guerra in Afghanistan, in cambio di fantomatiche "discontinuità" o "Conferenze di pace", sia sull'allargamento della base di Vicenza. Imponiamo al governo con la mobilitazione di tutto il movimento nowar - a Vicenza il 17 febbraio, e a Roma a marzo, durante la discussione parlamentare sul ri-finanziamento delle missioni - di ascoltare la volontà popolare, ritirando le truppe dall'Afghanistan e dagli altri luoghi di guerra e rifiutando la richiesta Usa per la base di Vicenza.

06 gennaio, 2007

Il maxiemendamento alla Finanziaria sulla precarietà

La novità rispetto alla prima stesura della finanziaria, consiste nella previsione, al comma 417 e seguenti del maxiemendamento, di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale assunto con tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.
In realtà tale comma, che dovrebbe costituire la risposta del governo alla legittima richiesta di assunzione di oltre 350.000 lavoratori pubblici costituisce una norma a dir poco impalpabile.
Il fondo per la stabilizzazione, infatti, sarà da subito finanziato con 5 milioni di euro, ma verrà in seguito alimentato con i conti dormienti, ovvero conti dimenticati dai titolari e dai loro eredi.
Si tratta, in sostanza, di risparmi sugli interessi, conseguenti, alla riduzione del debito pubblico: somme non definibili e non certe, (eppure i dipendenti pubblici non possono essere retribuiti una tantum) che senz’altro non porteranno alla soluzione del problema precariato nella P.A.
Insomma nessuna assunzione a pioggia, come ha tenuto subito a precisare Nicolais, il Ministro della funzione Pubblica, ma la solita propaganda giocata sulla pelle dei precari.
D’altronde che non vi sarà un percorso generalizzato volto all’assorbimento in ruolo di tutti i precari, si desume dal comma 418 del maxiemendamento, laddove si precisa che dovranno essere definiti i requisiti e le modalità di selezione dei soggetti interessati alla stabilizzazione: se il percorso di stabilizzazione riguardasse realmente tutti i precari della P.A, che necessità ci sarebbe di individuare modalità di selezione dei soggetti interessati?
Al di là della propaganda il maxiemendamento non introduce nessun percorso serio e generale di stabilizzazione.
L’unica novità (sic!) è costituita dalla previsione, per i lavoratori assunti con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di una riserva del 60% dei posti nell’ambito delle amministrazioni che bandiranno concorsi per l’assunzione a tempo determinato: in sintesi si passa da una forma di precariato (le co.co.co. ) ad un’altra forma di precariato (il lavoro a tempo determinato).
Allo stato attuale l’unica certezze è che le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).
A questo si aggiunga che nel p.i. le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e purchè assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale, e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie. (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).
Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.
Se questo governo voleva dare un segnale di inversione di tendenza avrebbe dovuto cominciare stabilizzando i precari della P.A. considerato che nelle amministrazioni è lo Stato che assume direttamente ed ha potere per procedere all’assorbimento in ruolo dei lavoratori atipici: d’altronde, la riuscitissima manifestazione del 4 novembre ha posto al centro dell’attenzione la necessità improrogabile di abolire tutte le forme di precariato in tutti i settori lavorativi.
Ma questo governo, in continuità con le politiche del predecessore Berlusconi, continua a considerare la P.A non come una risorsa sulla quale investire, ma come un costo da contrarre sulla pelle dei lavoratori e a scapito dei servizi che vengono resi alla collettività.