25 giugno, 2009

Mobilitiamoci per la difesa della Pubblica Amministrazione!

Contro il decreto Brunetta!

Venerdi’ 3 luglio - Sciopero generale del Pubblico Impiego (ultime 3 ore del turno)

Patto di Base (Cobas, RdB, SdL)


Dopo avere descritto i dipendenti pubblici come nullafacenti e fannulloni, con il decreto legislativo previsto dalla legge delega 15/2008, l’accanimento persecutorio del Governo e del Ministro Brunetta approda nel piano industriale della Pubblica Amministrazione: dietro il parafulmine della meritocrazia e dell’efficienza, si avvia un gigantesco processo volto a ridimensionare il servizio pubblico, a ridurre i nostri diritti e le nostre retribuzioni, e a sancire la licenziabilità del dipendente pubblico.
A farne le spese i lavoratori pubblici e milioni di cittadini….
Le linee essenziali del piano Brunetta passano attraverso:

CONSISTENTI TAGLI SALARIALI :
dopo esser intervenuto pesantemente sulla parte fissa del salario, il decreto vuole assestare il colpo definitivo al salario accessorio che verrà subordinato alla valutazione dei Dirigenti e si trasformerà in strumento punitivo per il personale. Solo al 25% del personale, valutato dal dirigente nella fascia alta di merito, spetterà il 50% del trattamento accessorio, al 50% del personale, collocato nella fascia media, corrisponderà l’altro 50% del trattamento, mentre, al restante 25%, collocato nella fascia bassa, non spetterà neanche un euro di salario accessorio!

PROGRESSIONI ECONOMICHE:
saranno messe a concorso e subordinate alla valutazione positiva del dirigente. In sostanza, a coloro che non rientreranno nella fascia di merito alta, oltre che zero euro di salario accessorio, viene anche preclusa la possibilità di accedere alle progressioni economiche!

CODICE DISCIPLINARE
Viene introdotto un vero e proprio regolamento da caserma, funzionale soltanto ad avere una forza lavoro acritica, obbediente e flessibile. E per chi per 2 anni consecutivi viene collocato dal dirigente nella fascia di merito più bassa, potrebbero spalancarsi le porte del licenziamento!

AZZERAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE :
Tra accorpamento di comparti, rinvii delle elezioni RSU, materie oggetto di contrattazione disciplinate direttamente per legge, si vuole ridurre il sindacato a semplice spettatore di decisioni assunte unilateralmente. E questo lo chiamano ammodernamento della Pubblica Amministrazione!!!

Non possiamo accettare passivamente questi attacchi al salario, ai diritti e alla nostra dignità! Per questo, il Patto di base del settore pubblico (Cobas, Rdb e Sdl) ha indetto per Venerdi’ 3 luglio Sciopero generale del Pubblico Impiego (ultime 3 ore del turno)

11 giugno, 2009

COMUNICATO STAMPA SCIOPERO GENERALE DEL PUBBLICO IMPIEGO CONTRO DECRETO BRUNETTA VENERDI’ 3 LUGLIO 2009

Iniziative a Roma, Milano e nelle maggiori città italiane

La bozza del Decreto Brunetta, in attuazione dalla legge delega 15 del 2008, determina una profonda revisione del Testo Unico del Pubblico Impiego (D.L.vo 165/2001) indirizzata ad una privatizzazione della Pubblica Amministrazione con il tentativo di azzerare anche nel Pubblico Impiego i diritti già cancellati nel lavoro privato.
Contro questo decreto la RdB-CUB P.I, i Cobas P.I. e la SdL Intercategoriale hanno proclamato per venerdì 3 luglio lo sciopero generale del settore, che sarà accompagnato da iniziative a Roma, Milano e nella maggiori città italiane.

I contenuti dell’ultima versione della bozza Brunetta, la numero 25, prevedono un pesante attacco al salario dei lavoratori pubblici, che per la quota fissa vedrà parte degli aumenti erogati dalle Amministrazioni locali ma solo se queste saranno in regola con il patto di stabilità, introducendo così una grave disparità fra territori, mentre per la parte variabile sarà sempre più dipendente dalla relazione con il dirigente e da valutazioni esterne e senza controllo.
Le progressioni retributive e di carriera vengono di fatto abolite e sottoposte a procedure concorsuali, per accedere alle quali è necessario ricevere valutazioni positive. Il meccanismo di valutazione viene affidato a soggetti esterni, senza contraddittorio e con scarsi riscontri oggettivi, che produrrà liste di lavoratori buoni, quasi buoni e cattivi a cui sarà legata l’erogazione del salario di produttività, che così perde la sua caratteristica di “salario” trasformandosi in premio per chi lo percepisce.
Viene introdotto un codice di disciplina simile ad un regolamento militare, senza garanzie e senza possibilità reale di contraddittorio, che ha lo scopo di intimidire i lavoratori ed accompagnare la loro totale flessibilità alle politiche pubbliche del governo. Non a caso la valutazione negativa per due anni consecutivi potrà provocare il licenziamento per scarso rendimento. Alla dirigenza viene riconosciuto come unico vero potere quello disciplinare, mentre il resto è demandato a soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione.
Le materie di contrattazione divengono praticamente inesistenti; viene impedito lo svolgimento delle elezioni Rsu, i comparti vengono accorpati senza logica, attuando così un vero e proprio colpo di mano che cancella la democrazia sindacale e le libertà individuali e collettive.

Le categorie pubbliche del Patto di Base ritengono invece che la battaglia per il potenziamento e miglioramento della P.A. e dei servizi pubblici da questa erogati riguardi tutta la società, e che investire in questo settore sia un passo fondamentale per progettare la ripresa economica del paese. Nel percorso verso lo sciopero generale verranno attuate iniziative locali e di settore, con assemblee in tutti i posti di lavoro.

Roma, 10 giugno 2009

Ufficio Stampa
Rossella Lamina
tel. 067628277 - fax 0676282228
cell. 3474212769
web : http://ufficiostampa.rdbcub.it
e-mail: ufficiostampa@rdbcub.it
Rappresentanze Sindacali di Base Pubblico Impiego - Confederazione Unitaria di Base

Siglato biennio economico 2008 - 2009 CCNL Enti Locali

CGIL, CISL e UIL hanno siglato, ieri 4 giugno, il biennio economico 2008 - 2009 del CCNL Enti Locali.
La Cgil fa un passo indietro e si allinea agli altri coinquilini per tornare alla corte di Brunetta. Dopo il contratto della sanità, la Cgil firma anche il contratto nazionale degli enti locali. E' durata poco l'opposizione della Cgil - Funzione Pubblica al Ministro Brunetta e alle intese che decisero solo pochi mesi fa irrisori aumenti in tutta la pubblica amministrazione.
Questo contratto è stato siglato senza alcuna consultazione e senza mandato dai lavoratori, senza perfino l'assenso degli iscritti di Cgil, Cisl, Uil che hanno conosciuto la piattaforma delle loro organizzazioni meno di una settimana fa, a contratto quasi sottoscritto.
Contratto che ci riserva aumenti salariali medi, lordi, a regime di 62 euro, poco più di 40 euro netti (ricorderete che le richieste di appena pochi anni fa erano sopra i 100 euro lordi ) e soprattutto la condivisione della linea Brunetta che esclude completamente i soldi della contrattazione decentrata al 25% del personale. Solo rinviata al 2010 la decisione capestro sulle progressioni orizzontali (saranno ancora meno e per pochi). Qualche spicciolo in più arriverà alle amministrazioni cosiddette “virtuose” , a quelle cioè che avranno rispettato il patto di stabilità (tagli al salario e agli organici), a quelle che avranno chiuso la porta alla stabilizzazione dei precari e costruito sistemi di valutazioni iniqui e assolutamente inutili al rilancio dei servizi pubblici. I 600 mila lavoratori degli enti locali subiscono l'ennesima truffa che penalizza il loro potere di acquisto e di contrattazione.
Perdente la logica "del meglio pochi ma buoni", una logica che fa perdere ai lavoratori soldi, diritti e taglia qualsiasi possibilità alle stabilizzazioni del personale precario.
Contro il decreto legislativo di Brunetta e contro questi ultimi contratti a perdere i sindacati di base (Cobas – RdB Cub e SdL) invitano ad un percorso di mobilitazione sino allo sciopero già programmato per i primi di luglio.
Non diamo deleghe in bianco a chi svende salari e diritti!

02 giugno, 2009

Dopo il contratto della Sanità….arriva il contratto a perdere per le Autonomie Locali…

Circa 600 mila lavoratori e lavoratrici in questi giorni dovrebbero essere chiamati a dare la loro opinione sul contratto autonomie locali, che Cgil Cisl Uil stanno per sottoscrivere.
Perdete ogni speranza e state certi: i lavoratori non saranno consultati o ascoltati perché la democrazia non è gradita a Cgil Cisl Uil (e Ugl).
Di questa piattaforma, quel poco che si sa lo si deve ai sindacati di base che hanno diffuso i contenuti della proposta Aran e le arrendevoli (sotto il profilo economico e normativo) proposte di Cgil Cisl Uil.
Ma guardiamo la piattaforma per il Ccnl 2008/9 presentata dai confederali, una piattaforma che ad oggi nessuno ha discusso o approvato e che arriva insieme alle dichiarazioni del segretario della FP Cgil, A. Crispi, sull’imminente firma del contratto.
Ebbene non troverete una proposta sulla parte salariale, ci si preoccupa invece dello 0,20% per le alte professionalità, si chiedono maggiori risorse da contrattare a livello decentrato (una affermazione che stride con la difesa del contratto nazionale e del salario di base che la Cgil dice di difendere), non una parola sul decreto legislativo Brunetta che vorrebbe dare la produttività solo ad un quarto del personale, solo dichiarazioni vuote sulle maggiori tutele per il personale precario e non la richiesta di stabilizzazione dello stesso e l’allungamento dei tempi per l’assunzione dei precari nella Pa. Non una parola sui codici disciplinari sempre più repressivi, non una parola
sull’aumento delle indennità e dei buoni pasto.
La piattaforma di Cgil Cisl Uil è solo aria fritta perché il Governo ha già deciso i contenuti (scadenti) del contratto e, come ogni volta, lor signori firmeranno.

Rispediamo al mittente questo pessimo contratto!

Una forte risposta diamola venerdì 3 luglio con lo sciopero di 3 ore indetto dal sindacalismo di base nella pubblica amministrazione!

ABBIAMO PERSO!!!

Il referendum sul contratto aziendale ha registrato i seguenti risultati: favorevoli all’ipotesi d’accordo 64,74 - contrari 34,33 - circa l’uno per cento tra schede bianche e nulle.
Il Cobas del Comune di Firenze ringrazia i/le 1858 lavoratori e lavoratrici che si sono recati/e ai seggi consentendo un importante esercizio di democrazia

Al di là del risultato, che naturalmente non ci soddisfa, in tempi di deriva culturale e di progressivo restringimento degli spazi democratici, il fatto che i lavoratori di questo ente si siano potuti esprimere liberamente contrastando il consueto monopolio decisionale degli organismi datoriali e degli apparati del sindacato collaborazionista, ci sembra comunque un buon risultato di cui poter andar fieri.
Noi, com’è noto, siamo stati fermamente contrari a questa ipotesi d'accordo, in ogni caso prendiamo atto del risultato anche se riteniamo che, così come non sussistevano prima le condizioni per firmare non sussistono dopo il referendum, quindi non sottoscriveremo l'accordo, anche per rispetto di quel 34% di lavoratori che si è dichiarato contrario e di cui comunque bisognerà tener conto.

Certo l'esito del referendum impone delle riflessioni: riteniamo che il risultato sia stato condizionato da più elementi a partire dall'operato dei rappresentanti di quelle sigle sindacali (CGIL, CISL e UIL) che avevano già sottoscritto l'ipotesi d'accordo e che, in affanno e a corto di argomenti concreti per difendere l'indifendibile, hanno cominciato ad ingenerare (ad personam) infondati timori sul fatto che in assenza di firma non sarebbe stato pagato il premio incentivante di quest'anno, o che le risorse per le progressioni orizzontali, frutto di risparmi delle gestioni precedenti, potevano andare perse. Velenose falsità prive di qualsiasi fondamento normativo essendo soldi che il bilancio già destina al salario accessorio e pertanto non spendibili altrove.
Vero è proprio il contrario: questo accordo inaugura un meccanismo per il quale qualsiasi intervento sulle varie voci del salario accessorio sarà possibile solo attingendo dall'incentivante di tutti mettendone a forte rischio l'erogazione dal 2010 in poi.

Ciò che risulta incomprensibile è l'atteggiamento ambiguo di organizzazioni sindacali dal significativo peso specifico che non hanno sottoscritto l'accordo, ma che nello stesso tempo non hanno mai motivato la propria scelta. Tali soggetti sindacali non hanno fatto nessuno sforzo per spiegare ai lavoratori i devastanti contenuti dell'accordo. Hanno puntato soprattutto alla visibilità personale "nell'agone politico della grande assemblea" o alla rendita di posizione per la propria sigla in ambiti ultracorporativi. Si sono poi defilati, senza produrre una riga critica sull'accordo guardandosi bene dal confrontarsi nelle successive assemblee, attendendo opportunisticamente il risultato referendario pensando, per questa via, di sottrarsi a qualsiasi responsabilità politica e sindacale.

Sulle gracili spalle del Cobas aziendale è rimasta per intero la responsabilità di contrastare un’ipotesi di accordo che suona come una sorta di suicidio sindacale. Responsabilità che ci siamo assunti con coerenza e serietà cercando, senza demagogia o corporativismi, di spiegare con argomenti concreti la nostra posizione. In questo scenario riteniamo che quel 34% di contrari sia comunque un dato importante che va ben al di là delle forze in campo.
Al quel 64% per cento di lavoratori che si è espresso a favore dell'accordo che non siamo riusciti a convincere o con cui non siamo riusciti a parlare, diciamo che rispettiamo la loro decisione legittimata dall'esercizio della democrazia. La speranza, peraltro alquanto debole, e lo diciamo con grande sincerità nell'interesse di tutti i lavoratori di questo ente, è di esserci sbagliati e di non doverci trovare nel prossimo futuro nella condizione di poter pronunciare la fatidica frase
"noi l'avevamo detto".

Ciò che resta è uno scenario sconcertante: ce ne eravamo accorti anche da soli, ma i dati dell’OCSE confermano che l’Italia si colloca agli ultimi posti per i livelli retributivi, a fronte di ciò un governo pieno di delinquenti e razzisti fascistoidi, incapace di affrontare la crisi, non trova di meglio che bastonare i lavoratori, in particolare i dipendenti pubblici. La bozza dell'ultimo decreto Brunetta sulla riforma della P.A. chiude il cerchio avviato da tempo, sostanzialmente annuncia la morte del lavoro pubblico e abolisce qualsiasi spazio di contrattazione salariale e normativa sostituendolo con l'azione legislativa.
Sul piano aziendale il panorama è altrettanto deprimente, soprattutto a seguito di un accordo debole anche perché nemmeno affronta questioni rilevanti che continueranno a rimanere irrisolte a partire dalle relazioni sindacali, al problema degli appalti e privatizzazioni, alle politiche del personale, a numerose vertenze di settore che non trovano soluzione da anni.
Gongola un'amministrazione che ha ottenuto, senza colpo ferire, il rinnovo del contatto aziendale non solo a costo zero, ma pure farcito con l'introduzione di nuovi ed oscuri meccanismi valutativi che innalzano concettualmente e materialmente la quota di retribuzione legata alla premialità che stanno progressivamente trasformando il salario in una variabile indipendente, sempre meno legato alla prestazione regolata contrattualmente, ma solo ed esclusivamente all'idea di stipendio come premio per il grado di produttività individuale misurata dai dirigenti. Filosofia tanto cara a quella "managerialità politico-economica di destra e di sinistra, interna, e nazionale" largamente responsabile della crisi, non solo economica e finanziaria, ma anche sociale e culturale che vogliono far pagare ai lavoratori.
Gongolano 230 P.O. unici veri beneficiari di un accordo che gli assegna mediamente 1.000 euro l'anno di aumento a fronte del nulla o di un'elemosina per tutti gli altri lavoratori.
Gongolano i politici che da giugno occuperanno gli scranni di Palazzo Vecchio. I novelli padroni della città potranno fregarsene delle problematiche dei dipendenti già "sistemati" dalla giunta uscente alla quale dovranno concedere giocoforza un "doveroso ringraziamento" sotto forma di regalie, conferme, nuovi incarichi, presidenze di SPA e compagnia cantando.

Naturalmente la partita non è finita, chi ha lavorato per sottoscrivere l'ennesimo accordo a perdere ne risponderà sindacalmente e politicamente. I Cobas non si rassegnano all'idea di passività sociale dei lavoratori di questo ente come di questo paese, puntualmente sostenuta dai sindacati concertativi ogni qualvolta si innestano prospettive di innalzamento del conflitto sociale. CGIL, CISL, UIL e UGL, in cambio ottengono la partecipazione ai tavoli di cogestione della crisi, la cui azione continua a produrre lo smantellamento dei diritti, delle garanzie sociali, l’espulsione dal mercato del lavoro di milioni lavoratori, la riduzione del salari, precarietà e povertà diffuse.

Ci impegneremo come sempre nella difesa dei lavoratori sul piano aziendale e nell'azione di contrasto alla frana normativa che si sta abbattendo sul lavoro pubblico.
La misura è colma, bisogna riprendere la parola, bisogna tornare nelle piazze, il lavoro deve tornare protagonista nel rimettere in moto il progresso sociale e civile di questo paese.

Cobas Comune di Firenze – Via dei Pepi 47/r- tel. 055245145 - fax- 0552268120
E.mail cobas.comunefi@libero.it

La serrata del rettore

Un atto autoritario e repressivo contro lavoratori e studenti

Venerdì 15 maggio lavoratori e studenti dell’università di Torino si sono trovati di fronte ai cancelli chiusi di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche.

Il rettore Pellizzetti aveva deciso la sera prima di procedere alla serrata del palazzo sospendendo così tutte le attività, dalla didattica alla ricerca ai servizi tecnico-amministrativi, dal 15 al 19 maggio. Una delegazione di lavoratori e studenti, ignari di quanto stava accadendo, si è recata in rettorato per avere spiegazioni dal Rettore che, invece, chiudeva le porte dello stesso rettorato impedendone a chiunque l’ingresso. Solo alla fine della mattinata, Pellizzetti si decideva a riaprire la sede e a ricevere per mezzo minuto due rappresentanti delle vittime della serrata. Il rettore, con molta arroganza concedeva mezzo minuto del suo tempo per comunicare l’origine del suo gesto, accampando motivi di sicurezza in vista del G8 universitario previsto in quei giorni. Un appuntamento voluto dai rettori delle università dei paesi del G8 e di quelli “emergenti” per promuovere contatti e accordi con i rappresentanti del capitalismo mondiale al fine di discutere sul come privatizzare l’università e la ricerca. Il rettore confermava la decisione di chiudere Palazzo Nuovo sostenendo di temere disordini all’interno dell’edificio durante le assemblee decise dai collettivi studenteschi anti G8 in concomitanza dell’evento, timori accresciuti, probabilmente, dall’aver letto sui giornali l’esistenza di una nota del Viminale che parlava di possibili azioni sovversive di fantomatici estremisti stranieri. Forse il rettore si era fatto suggestionare dall’aver letto male uno striscione appeso nei giorni precedenti sul loggiato del rettorato (peraltro subito rimosso dalla Digos) confondendo la scritta Block G8 con Black Bloc.

E’ un fatto molto grave che, per la prima volta nella storia dell’università, un rettore decida, ovviamente con il concorso dei presidi di varie facoltà, di procedere ad una vera e propria serrata (come fanno i padroni delle fabbriche contro gli scioperi dei lavoratori).

Per questa azione repressiva, a differenza di altre avvenute in questi ultimi tempi (come le recenti cariche di polizia e carabinieri a studenti e lavoratori all’interno di Palazzo Nuovo), il rettore non ha sentito il bisogno di trovare alcun pretesto per quanto ingiustificato. Questa volta a Pellizzetti è bastato leggere una generica frase riportata da un giornale per rendersi protagonista di un gesto gravissimo e senza precedenti. Tanto più che Il rettore, con la sua azione, ha assunto scientemente il ruolo di apripista alle cariche della polizia contro i cortei del movimento studentesco dell’Onda.

La chiusura di Palazzo Nuovo, cuore dell’università di Torino e del dissenso studentesco, è stata inequivocabilmente un atto autoritario da esibire quale prova della capacità di stroncare sul nascere ogni forma di espressione critica e di opposizione alla trasformazione delle università in aziende, mutazione le cui fondamenta sono state gettate dai passati governi di centro-sinistra con il varo delle leggi sull’autonomia.

Da mesi assistiamo ad azioni repressive in molte parti del paese volte a colpire i settori più combattivi e coscienti sia studenteschi che operai. L’obiettivo è chiaro: evitare che, in caso di esplosione del conflitto sociale di fronte all’acutizzarsi della crisi economica, si crei una saldatura delle lotte degli operai con quelle degli studenti. La manifestazione dei lavoratori Fiat di sabato 16 maggio e quella degli universitari del 19 hanno mostrato che operai e studenti non hanno nessuna intenzione di pagare la crisi del capitalismo.