02 giugno, 2009

La serrata del rettore

Un atto autoritario e repressivo contro lavoratori e studenti

Venerdì 15 maggio lavoratori e studenti dell’università di Torino si sono trovati di fronte ai cancelli chiusi di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche.

Il rettore Pellizzetti aveva deciso la sera prima di procedere alla serrata del palazzo sospendendo così tutte le attività, dalla didattica alla ricerca ai servizi tecnico-amministrativi, dal 15 al 19 maggio. Una delegazione di lavoratori e studenti, ignari di quanto stava accadendo, si è recata in rettorato per avere spiegazioni dal Rettore che, invece, chiudeva le porte dello stesso rettorato impedendone a chiunque l’ingresso. Solo alla fine della mattinata, Pellizzetti si decideva a riaprire la sede e a ricevere per mezzo minuto due rappresentanti delle vittime della serrata. Il rettore, con molta arroganza concedeva mezzo minuto del suo tempo per comunicare l’origine del suo gesto, accampando motivi di sicurezza in vista del G8 universitario previsto in quei giorni. Un appuntamento voluto dai rettori delle università dei paesi del G8 e di quelli “emergenti” per promuovere contatti e accordi con i rappresentanti del capitalismo mondiale al fine di discutere sul come privatizzare l’università e la ricerca. Il rettore confermava la decisione di chiudere Palazzo Nuovo sostenendo di temere disordini all’interno dell’edificio durante le assemblee decise dai collettivi studenteschi anti G8 in concomitanza dell’evento, timori accresciuti, probabilmente, dall’aver letto sui giornali l’esistenza di una nota del Viminale che parlava di possibili azioni sovversive di fantomatici estremisti stranieri. Forse il rettore si era fatto suggestionare dall’aver letto male uno striscione appeso nei giorni precedenti sul loggiato del rettorato (peraltro subito rimosso dalla Digos) confondendo la scritta Block G8 con Black Bloc.

E’ un fatto molto grave che, per la prima volta nella storia dell’università, un rettore decida, ovviamente con il concorso dei presidi di varie facoltà, di procedere ad una vera e propria serrata (come fanno i padroni delle fabbriche contro gli scioperi dei lavoratori).

Per questa azione repressiva, a differenza di altre avvenute in questi ultimi tempi (come le recenti cariche di polizia e carabinieri a studenti e lavoratori all’interno di Palazzo Nuovo), il rettore non ha sentito il bisogno di trovare alcun pretesto per quanto ingiustificato. Questa volta a Pellizzetti è bastato leggere una generica frase riportata da un giornale per rendersi protagonista di un gesto gravissimo e senza precedenti. Tanto più che Il rettore, con la sua azione, ha assunto scientemente il ruolo di apripista alle cariche della polizia contro i cortei del movimento studentesco dell’Onda.

La chiusura di Palazzo Nuovo, cuore dell’università di Torino e del dissenso studentesco, è stata inequivocabilmente un atto autoritario da esibire quale prova della capacità di stroncare sul nascere ogni forma di espressione critica e di opposizione alla trasformazione delle università in aziende, mutazione le cui fondamenta sono state gettate dai passati governi di centro-sinistra con il varo delle leggi sull’autonomia.

Da mesi assistiamo ad azioni repressive in molte parti del paese volte a colpire i settori più combattivi e coscienti sia studenteschi che operai. L’obiettivo è chiaro: evitare che, in caso di esplosione del conflitto sociale di fronte all’acutizzarsi della crisi economica, si crei una saldatura delle lotte degli operai con quelle degli studenti. La manifestazione dei lavoratori Fiat di sabato 16 maggio e quella degli universitari del 19 hanno mostrato che operai e studenti non hanno nessuna intenzione di pagare la crisi del capitalismo.

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