15 dicembre, 2007

Assenteismo e morti sul lavoro

“Statali assenteisti e pure fannulloni” Repubblica 5 dicembre. “L’assenteismo è l’altra faccia della mancanza della cultura del merito…” Cordero di Montezemolo.
Da tempo si è aperta la caccia allo statale fannullone e non manca giorno che televisione, giornali e radio non ci tengano informati sulla questione. La campagna contro gli statali fannulloni è alimentata dalla politica e dai nostri amministratori, perché consente di dare una veste di legittimità e di efficienza a scelte che rispondono ad un’altra logica: la riduzione delle spese coincide con la riduzione del personale e degli standard minimi di sicurezza; l’efficienza con le esternalizzazioni; il lavoro precario sottopagato al posto di quello stabile o di quello di chi è andato in pensione. Sarebbe interessante fare alcune domande ai protagonisti di questa campagna, a cui evidentemente sta molto a cuore l’efficienza, il merito e l’interesse dei cittadini. A Cordero di Montezemolo (che straparla contro i dipendenti pubblici, senza minimamente conoscere come si svolge il lavoro nelle amministrazioni pubbliche), sarebbe interessante chiedere quale sia la cultura del merito nel sistema impresa che rappresenta, se cioè i disastri Parmalat, Cirio, Telecom ed altri, unitamente al sistema bancario che le sorregge, siano episodi isolati. E sarebbe interessante chiedergli un’analisi sulle ragioni di quanto è accaduto alla ThyssenKrupp di Torino, per comprendere se considera l’accaduto una “fatalità” o il frutto avvelenato di un sistema che sacrifica tutto (la salute e la vita) in nome del profitto e della produzione… Agli amministratori locali sarebbe interessante chiedere quale sia la loro cultura del merito quando devono scegliere i dirigenti, gli amministratori di società appositamente create per trovare collocazione al personale politico, o per stabilire i compensi delle consulenze… Ma le ragioni vere di questa ossessiva campagna contro il pubblico impiego le ha chiarite un rappresentante di Confindustria, (in una recente intervista a “Primo piano”), quando ha detto che il costo del lavoro per le imprese è troppo alto (!), e che la sua riduzione sarebbe possibile “utilizzando il bacino del pubblico impiego come una risorsa”, nel senso di procedere ad una suo “svuotamento”, cioè a una drastica riduzione delle risorse destinate ad esso e allo Stato sociale. Ovviamente a favore delle imprese. Quindi: finanziamenti per i servizi pubblici no, per profitti privati, si! Ecco la ragione della campagna strumentale contro gli statali fannulloni. Non consente repliche (perché chi argomenta diversamente difende i fannulloni!!), incontra gli umori popolari che hanno sempre bisogno di spiegare i propri mali con ricette semplici, e poi non fa puntare il dito sul vero operato di imprenditori, dirigenti o di politici che applicano agli altri la logica del “meno siamo più produciamo”, e a se stessi quella di moltiplicare posti e retribuzioni. E privilegi…

02 dicembre, 2007

Emergenza salariale

EMERGENZA SALARIALE NEL PUBBLICO IMPIEGO

Ormai lo dicono tutti: i salari in Italia sono troppo bassi. Lo dice la Banca d'Italia e la Confindustria, lo dice l’IRES (Centro Ricerche Economiche Sociali della Cgil) che, scoprendo l’acqua calda, denuncia che tra il 2002 e il 2006 ogni retribuzione in Italia ha perso potere d’acquisto per circa 2 mila euro. Ma soprattutto questa situazione la vivono sulla propria pelle tutti quei dipendenti pubblici che non arrivano alla quarta settimana del mese...Una crisi salariale ulteriormente acuita dal cronico ritardo con cui vengono rinnovati i contratti pubblici: del settore pubblico è stato sottoscritto solo il contratto dei ministeriali, mentre agenzie fiscali, enti locali e parastato attendono ancora la sottoscrizione dei contratti scaduti oramai da 23 mesi!. E l’intesa di maggio sottoscritta da Governo e CGIL, CISL e UIL, cui i rinnovi contrattuali di comparto faranno riferimento, prevede aumenti pari a circa 60 euro netti (sic!), liquida 13 mesi di arretrati (tutto il 2006 e il mese di gennaio 2007) con 11 euro al mese di indennità di vacanza contrattuale, e, dulcis in fundo, prevede la triennalizzazione dei rinnovi contrattuali.
Ma l’elemento più sconcertante è che l’emergenza salariale diviene il pretesto da parte della Confindustria per rilanciare la solita ricetta, incontrando subito la disponibilità di CGIL, CISL e UIL: svuotamento del contratto collettivo nazionale e potenziamento del secondo livello di contrattazione (ovvero ancora meno soldi al salario contrattato nazionalmente a vantaggio della produttività). Insomma l’emergenza salariale per Confindustria e per CGIl, CISL e UIL, non si risolve agganciando la retribuzione al costo reale della vita, ma impoverendo ulteriormente i rinnovi contrattuali nazionali!!! Ma come stanno realmente le cose? Se oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti (pubblici e privati) non arriva a fine mese questo avviene non certamente a causa del contratto nazionale, ma, al contrario, perchè gli accordi sindacali del 1992-1993 (la c.d. concertazione) hanno cancellato la scala mobile, cioè l’adeguamento automatico dei salari al costo reale della vita, ingabbiando i rinnovi contrattuali al meccanismo truffaldino dell’inflazione programmata che è meno della metà dell’inflazione reale.
Se realmente tutti questi signori (Confindustria, Banca d’Italia e CGIL, CISL e UIL) hanno a cuore (ma quando mai?) la sorte economica dei lavoratori, c’è solo una strada da percorrere: riconoscere il fallimento della concertazione e reintrodurre un meccanismo che riallinei i salari al costo della vita. E tutto ciò mentre si riempiono le tasche dei dirigenti, e l’attuale governo discute se porre o meno il limite di 274.000 euro annui (ovvero 20.000 euro mensili!) come tetto alle retribuzioni dei dirigenti. E’ giunto il momento di risollevare la testa proprio a partire dai rinnovi contrattuali nel settore pubblico riaprendo la partita per i rinnovi dei contratti nazionali che si pongano l’obiettivo di andare oltre gli accordi siglati da CGIL, CISL e UIL.La strada da percorrere è il rifiuto dei contratti al ribasso propostici dai sindacati di governo e nello stesso tempo costruire in ogni ente/ufficio/amministrazione delle piattaforme rivendicative e contrattuali alternative con gli obiettivi della difesa del contratto nazionale, della salvaguardia del potere di acquisto dei salari e l’allargamento del potere contrattuale.
Contro salari di fame e precarietà, rompiamo la gabbia della concertazione!